Trento, Il bruco e la farfalla

Una esposizione nata da una serie di straordinari eventi

Il bruco e la farfalla, ospitata a Palazzo delle Albere, è una esposizione divisa in due parti. Una si articola in un percorso che attraverso oggetti, documenti, immagini descrive la storia della produzione della seta tra il XIX e XX secolo nella relazione culturale tra Italia e Giappone con attenzione alla figura del sacerdote trentino Giuseppe Grazioli; l’altra ospita le opere di artisti contemporanei italiani e giapponesi che hanno sviluppato il tema de “Il bruco e la farfalla”, nel più ampio contesto della metamorfosi o della trasformazione.

L’origine del progetto risale al 2018, con la quinta edizione del simposio di scultura in granito Pietre d’Acqua, a Villa Agnedo, che vide la partecipazione di quattro scultori giapponesi. Villa Agnedo è un piccolo centro della Valsugana, una comunità di qualche centinaio di abitanti, con una ricca storia di tradizioni e artigianato, segnata da eventi drammatici, come l’episodio dell’alluvione del 1966. In questo contesto, durante i lavori di intaglio del granito di quei massi che rovinarono a valle devastando il paese ormai mezzo secolo fa, accaddero dei fatti che non potremmo attribuire a semplici coincidenze: uno degli artisti invitati notò che nel giardino di un’antica abitazione crescevano delle piante originarie del Giappone. Venne così a sapere che quella nobile residenza era appartenuta al sacerdote don Giuseppe Grazioli, che intraprese un lungo viaggio che lo condusse in Giappone. Lo scopo del viaggio fu quello di procurarsi dei semi di una particolare pianta di gelso, resistente alla “pebrina” che aveva gravemente minacciato la coltura del baco da seta, generando la crisi economica nell’importante settore della filatura e della lavorazione della seta in Valsugana, e in generale in tutto il Trentino, in quegli anni.

Più precisamente i semi preziosi di gelso furono portati in patria nascosti dentro la cavità del bastone di padre Grazioli ed acquistati in un villaggio nella regione Kantō di Honshū luogo di provenienza dello stesso artista giapponese impegnato a scolpire il granito oltre un secolo e mezzo dopo gli eventi sopra descritti. Riemersero, a poco a poco, altri fatti curiosi di questo antico gemellaggio; e tornò quindi alla luce quel vecchio ponte culturale che don Grazioli aveva saputo costruire tra due punti così lontani sulla mappa terrestre.

Questa esposizione è il concreto prodotto del caso, che è motore degli eventi della vita, abbinato alla volontà di ricreare questa nuova collaborazione tra Oriente e Occidente, in un intreccio di seta, tradizione e arte.

Come accadde in precedenza, quando all’incirca dieci anni fa Ugo Winkler, fondatore e presidente di Arci del Trentino, ideò il progetto intitolato “Il Meleto di Tolstoj” avviando una collaborazione con la Tolstoj Foundation di Jasnaja Poljana (Russia) che ebbe grande visibilità internazionale.

La mostra, promossa da Arci del Trentino, è aperta al pubblico dal 6 al 27 settembre.

FB – @brucoelafarfalla