Arci al governo: “assegnare un porto sicuro alla ResQ People con a bordo 58 naufraghi. Fermare i respingimenti illegali e le violenze contro i migranti in Libia”

ROMA, 14 OTTOBRE 2021 – L’ennesimo respingimento illegale in Libia. È quello denunciato dalla ResQ People, in questo momento l’unica nave della società civile presente nel Mediterraneo centrale. Dopo aver ricevuto una segnalazione da Alarm Phone circa un gommone in difficoltà si era diretta verso il punto segnalato ma è stata preceduta per pochi minuti da una motovedetta della cosiddetta guardia costiera libica che ha riportato i naufraghi nell’inferno dei campi.

La ResQ People aveva risposto alla segnalazione di aiuto dopo aver già salvato nella notte tra sabato e domenica scorsi 58 naufraghi e aver subito fatto la richiesta di un porto sicuro. Ma finora senza nessuna riposta.

Adesso si trova in grossa difficoltà a causa del maltempo con mare grosso e vento fortissimo.

Come Arci chiediamo al governo italiano di intervenire e di assegnare immediatamente un porto sicuro dove far sbarcare i 58 naufraghi salvati dalla ResQ People.

Senza dimenticare l’inferno libico come ci raccontano le cronache delle ultime due settimane. A partire dal violento raid di venerdi 1 ottobre compiuto dalle forze di sicurezza libiche per arrestare gli stranieri nella zona di Gergarish, nella capitale Tripoli, sostenendo che l’intento fosse quello di contrastare i traffici di droga e prostituzione. I poliziotti armati e a volto coperto hanno fatto irruzione nelle case, prelevando le persone e sequestrando soldi e telefoni.

Migliaia di uomini, donne e bambini, vulnerabili, molti dei quali in possesso dell’attestato rilasciato dall’UNHCR, sono stati malmenati e imprigionati in centri di detenzione come Al Mabani e successivamente trasferiti verso altre strutture.

Le autorità parlano di 5.000 arresti ma le stime sono di circa 10.000.

Anche in altre zone del paese, come Zouara, sono stati condotti raid simili sebbene di portata inferiore. Le persone che sono scampate agli arresti e che hanno perso le loro case perché sfrattate si sono accampate fuori agli uffici dell’UNHCR a Tripoli, e sono lì da più di 10 giorni senza viveri e senza riparo. Chiedono il rispetto dei loro diritti e l’evacuazione immediata.

Nel frattempo le persone detenute hanno subito torture e abusi, private di cibo e acqua e costrette a centinaia in celle anguste e senza aria. Alcuni detenuti che sono riusciti a nascondere il proprio telefono hanno girato dei video in cui ritraggono le condizioni drammatiche, che hanno portato ad alcune morti per asfissia e numerosi malori.

Non avendo altra scelta, venerdi 8 ottobre hanno deciso di ribellarsi nella prigione di Al Mabani, e hanno affrontato le guardie a mani nude. Molte persone sono state ferite o sono decedute e migliaia sono riusciti a fuggire. La risposta delle autorità è stata una vera e propria caccia all’uomo e la maggior parte dei fuggitivi è stata catturata e imprigionata nuovamente. Gli altri si sono rifugiati fuori all’ufficio dell’UNHCR dove sabato si sono presentati dei veicoli militari armati.

La situazione di queste persone è molto grave ma in Italia per giorni quasi nessuno ha affrontato questo tema.

È urgente dare assistenza a queste persone, sia coloro che sono in detenzione sia chi è riuscito a fuggire ed è in strada, e soprattutto si lavori per un piano di evacuazione effettivo.

Bisogna bloccare subito le attività della cosiddetta guardia costiera libica che  continua a riportare indietro, con il nostro aiuto, persone in fuga via mare e a perpetrare, davanti agli occhi di tutto il mondo e con il nostro sostegno, crimini contro l’umanità. Non c’è più tempo da perdere. Non c’è alcuna giustificazione.