Il Sultano vuole di più con l’aiuto della Russia. Italia ritira soldati dal sud Turchia

La Russia sempre più al centro dello scacchiere siriano. A prendersi carico dell’abbandono dell’area da parte delle milizie curde sono subito arrivati i russi, subentrati magistralmente agli Stati Uniti e avviati a rimettere un altro pezzo di Siria in mano a Bashar el Assad e rispettare i patti con Ankara.
La condizione imprescindibile chiesta da Erdogan era che i miliziani curdi Ypg abbandonassero la safe zone, ed è in fase di conclusione. Ci troviamo di fronte a un Sultano che può dirsi soddisfatto nella sua propaganda nazionalista e a tutti gli effetti può dire di avere l’appoggio di Putin e Trump.
Ma il Sultano non si accontenta. Così ha lanciato un altro segnale bellicoso: se necessario, la Turchia espanderà la zona sicura nel nord-est della Siria, dove l’esercito di Ankara ha lanciato una vasta offensiva per ripulirla dalle forze curde siriane definite da Ankara ‘terroriste’. Lo ha detto il presidente turco, Recep Tayyib Erdogan, come hanno riportato media ufficiali turchi.
«Daremo una risposta drastica a qualsiasi attacco proveniente dall’esterno della zona sicura (nel nord-est della Siria) e, se necessario, amplieremo la nostra area sicura», ha dichiarato Erdogan parlando al gruppo parlamentare del suo partito come ha riferito l’agenzia di stampa Anadolu.
Intanto l’Italia ha disposto il rientro dei soldati impegnati nel Sud della Turchia nella missione Active Fence. Lo ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nella sua informativa sulla Siria in Senato, che spiega che «abbiamo denunciato da subito che l’offensiva della Turchia rischia di compromettere gli sforzi compiuti nell’azione anti-Daesh e di pregiudicare i risultati ottenuti dalla coalizione in questi anni nell’eliminare la minaccia del califfato». E il Senato ha approvato la mozione della maggioranza che impegna il governo al cessate il fuoco in Siria «anche dopo la tregua pattuita», «a condannare fermamente nuove iniziative unilaterali della Turchia», oltre a spingere l’Onu per l’invio di una forza multilaterale di interposizione, su mandato Onu in accordo con Russia e Turchia, e a confermare l’«immediata sospensione delle esportazioni di armi».