La Grande Turchia di Erdogan

L’invasione della Turchia al nord della Siria è iniziata con tutta la sua violenza, morte e distruzione. Quali sono gli obiettivi di Erdogan? Quali conseguenze avrà l’intervento militare in un’area già instabile? I curdi siriani, principale obiettivo del presidente turco, hanno già avvertito di essere pronti alla ‘guerra totale’. L’Onu si prepara al peggio. Il presidente Erdogan l’aveva minacciata diverse volte. E alla fine, l’invasione dell’esercito turco sul nord della Siria è avviata con la motivazione della ‘sicurezza’ ma l’evidenza ci mostra un’altra crudele realtà. Negli ultimi giorni, dopo gli annunci da parte degli Stati Uniti si è ingenerata una certa confusione.

Nella assurda gestione della politica statunitense a colpi di tweet dello stesso Trump: dove a distanza di poche ore si è data luce verde alla Turchia per poi ribadire il sostegno e il valore dei curdi all’interno di quello scacchiere. Ma tutto nella cornice di un teatrino assurdo, mentre la brutale realtà avanzava. L’impressione, secondo alcuni analisti, che agli Stati Uniti – la super potenza mondiale – importi sempre meno del Medio Oriente ritenendolo sempre meno rilevante. Quindi il rischio, oltre ai rassicuranti quanto contraddittori tweet da Washington, che dei curdi importi poco.

Il piano di Erdogan nel nord della Siria è chiaro da tempo. Il presidente turco mira a creare una ‘zona cuscinetto’ al confine meridionale. Il ‘Sultano’ con l’operazione Fonte di pace (nome evocativo quanto agghiacciante) non la considera un’invasione ma il compimento di quella ‘Grande Turchia’ di ottomana memoria.

Nel Kurdistan siriano stava crescendo un progetto politico fondato su una democrazia. Un esperimento che ha contribuito in modo decisivo alla sconfitta dell’Isis e che parla di convivenza tra diverse etnie, partecipazione, uguaglianza tra i generi, difesa dell’ambiente. Questa decisione rimette in discussione tutto con conseguenze terribili per il popolo curdo e la popolazione civile di quell’area. Ecco perché la decisione di Trump di ritirare il contingente americano dal nord-est della Siria rappresenta «una pugnalata alle spalle» a chi ha lottato in prima fila contro l’Isis. Intanto è partita la mobilitazione a sostegno dei Curdi per una cessazione immediata del conflitto. Arci, insieme a CGIL ANPI e Legambiente, ha promosso un appello indirizzato ai vertici istituzionali italiani ed europei per chiedere azioni verso una interruzione immediata delle armi e il rispetto del diritto umanitario dei civili.