Libia, allarme Unicef non cada nel vuoto

Sono crescenti i timori per l’escalation del conflitto in Libia. E l’appello denuncia dell’Unicef non può cadere nel vuoto.

L’agenzia delle Nazioni unite ha ricordato che sono circa 1,5 milioni di persone coinvolte nel conflitto, tra cui mezzo milione di bambini. Un aereo dall’Unicef è arrivato all’aeroporto di Misurata, nella Libia nordoccidentale, con 18 tonnellate di aiuti di emergenza di cui c’è urgente bisogno. Lo ha reso noto l’Unicef, spiegando che questi aiuti permetteranno di raggiungere i bambini colpiti dal conflitto e le loro famiglie a Tripoli e dintorni.

In tempi di conflitto, i bambini e le famiglie spesso pagano il prezzo più alto. Sin dal primo giorno, l’Unicef e i suoi partner hanno distribuito scorte vitali di acqua, attrezzature igienico-sanitarie, kit medici di emergenza, kit didattici e ricreativi per rispondere alle necessità delle famiglie colpite dal conflitto e degli sfollati”, ha detto Abdel Rahman Ghandour, Rappresentante speciale dell’Unicef in Libia.

E’ sempre più urgente una presa di responsabilità umanitaria, corale, senza tentennamenti e condivisa dall’Europa. Basta con la politica della propaganda e degli slogan dei porti chiusi, servono soluzioni politiche e non teatrini muscolari contro i più deboli. Fino a quando possiamo ignorare quanto accade nell’altra sponda del mediterraneo, oppure occuparcene solo con la cinica propaganda dei porti chiusi?

La situazione sta peggiorando in Libia. Quanto affermato che la Libia è un Paese sicuro e che, dunque, i migranti provenienti da quello Stato potevano, secondo le Convenzioni internazionali, essere rimandati indietro non è mai stato vero. Nonostante, ancora oggi, membri del Governo continuino a dire che si tratta di “scontri” e non di guerra. Ma la sostanza non cambia.

Chiudere i porti ai richiedenti di protezione non è consentito. Non sono ammissibili respingimenti di chi lascia la propria patria, a rischio di morire, solo per la speranza di vivere. Il nostro impegno continua a sostegno dell’azione umanitaria di Mediterranea, perché salvare vite in mare non può essere reato.