Povertà educativa: fenomeno grave, in Italia va peggio

Per quasi 9 italiani su 10 la diffusione della povertà educativa è un fenomeno grave e per l’83% degli intervistati le azioni di contrasto sono importanti per lo sviluppo del Paese. Questi tra i dati significativi emersi dall’indagine demoscopica realizzata da Demopolis per l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
A 30 anni dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, approvata il 20 novembre 1989 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che esprime consenso su quali sono gli obblighi degli Stati e della comunità internazionale nei confronti dell’infanzia, i passi da fare per colmare il fenomeno sono ancora tanti. Tra le cause principali ci sono la disattenzione dei genitori (76%), le condizioni di disagio sociale (67%), di svantaggio economico (64%), di conflittualità familiare (62%). Il 59% segnala il degrado dei quartieri di residenza fra le cause della povertà educativa. Inoltre, circa uno su due segnala la frequenza scolastica irregolare, gli stimoli inadeguati, le scarse occasioni culturali e del tempo libero (l’unica dimensione di apprendimento non curriculare dichiarata dal 60% degli intervistati è lo sport), l’uso eccessivo dei social network.
I dati Ocse pubblicati nel rapporto intitolato Cambiare le probabilità per i bambini vulnerabili: costruire opportunità e resilienza confermano questo trend negativo: se nei Paesi di area Ocse vive in stato di povertà un bambino su 7, l’Italia peggiora la media, con 1 su 6. La condizione infantile è peggiorata nei due terzi dei Paesi dalla crisi del 2008.
In un contesto in cui le disuguaglianze sociali ed economiche continuano ad aumentare, per il 63% degli italiani intervistati da Demopolis le probabilità di un ragazzo nato da una famiglia a basso reddito di avere successo sono oggi più basse rispetto a 20 o 30 anni fa. Solo l’11% degli intervistati concorda sull’assunto che la scuola sia l’unica istituzione deputata alla crescita dei ragazzi, mentre emerge una nuova consapevolezza, almeno in termini di ‘dichiarazione di principio’: la responsabilità della crescita dei minori è di tutta la comunità (46%).