Primi risultati contro il caporalato. Ma c’è ancora tanto da fare

Gli arresti a Latina di sei persone, tra cui un ispettore del lavoro e un sindacalista della CISL, dediti allo sfruttamento di lavoratori stranieri nei campi dell’agro pontino, testimoniano l’ampiezza e la diffusione del fenomeno del caporalato e della speculazione sulle condizioni di vulnerabilità di centinaia di migliaia di persone nel nostro paese. Si calcola che siano oltre 430mila i lavoratori stranieri in condizioni di sfruttamento solo in agricoltura, in zone disseminate in tutta la penisola, da Nord a Sud. Oltre 100mila sono costretti a una condizione di grave sfruttamento che oltre alla violazione dei diritti del lavoro comporta anche forme di pesante restrizione della libertà e della autonomia personale se non addirittura minacce, ricatti e violenza fisica. Fa impressione, come osservato anche nel caso di Latina, che il reclutamento dei lavoratori avvenga ancora in forma evidente e palese anche con notevole concentrazione di mezzi e persone e spesso nella piena violazione anche dello stesso codice della strada. In questo importante risultato degli arresti nel territorio dell’Agro Pontino, un ruolo importante nel contrasto alle organizzazioni criminali lo ha avuto la rete territoriale animata da persone come Marco Omizzolo delle coop In Migrazione che insieme alla Flai CGIL, a Caritas e altre organizzazioni locali hanno avuto il coraggio di denunciare l’uso di sostanze dopanti a cui erano sottoposti i lavoratori Sikh, oltre al traffico di persone e alle gravi violazioni contrattuali.

La nuova legge 199 del 2016 sostenuta dai movimenti sindacali e dalle associazioni impegnate nella tutela dei diritti dei lavoratori migranti, tra cui anche l’Arci, comincia a dare i suoi frutti. Anche se ancora insufficiente la dotazione di personale negli ispettorati del lavoro e soprattutto ancora poco collaborative le organizzazioni datoriali che non sollecitano a sufficienza le proprie aziende associate ad iscriversi all’Albo del lavoro di qualità al fine di discriminare le aziende sane da quelle inquinate da lavoro nero e sfruttamento, la legge è stata comunque un grande passo in avanti perché finalmente si colpiscono i responsabili delle imprese che commissionano il lavoro e non solo i caporali che reclutano i lavoratori.

Il fenomeno, negli ultimi anni, sta riguardando anche le strutture dell’accoglienza per richiedenti asilo e profughi che spesso finiscono nella rete del lavoro nero e dello sfruttamento. L’Arci è impegnata in diversi territori in progetti regionali Antitratta nel promuovere unità di strada, assistenza a donne e uomini che intendono sottrarsi alla tratta e azioni di prevenzione nelle strutture di accoglienza al fine di fornire ai giovani ospiti le informazioni di base sui diritti del lavoro.

Infine come segnalato dalla Rete Coltiviamo diritti, la lotta contro lo sfruttamento lavorativo si vince sui campi sostenendo le rivendicazioni dei lavoratori, ma anche con i cittadini al supermercato e a tavola.

La corretta e trasparente informazione sulla filiera che porta il prodotto nelle case degli italiani è un tassello decisivo per accrescere la consapevolezza di ciascun cittadino del potere di influenzare il mercato rivolgendosi verso filiere etiche, possibilmente bio, che non alimentino il vergognoso business delle agromafie.