Ricostruire un movimento pacifista ancora più forte

Il movimento  pacifista è contro la guerra, che considera un retaggio medioevale. È convinto che anche col peggiore nemico, in un’epoca in cui le armi nucleari possono causare la fine dell’umanità, sia necessario cercare un dialogo per giungere a un compromesso. Per questo ha fatto proprio lo slogan: “I patti non basta farli fra amici, occorre cercare di farli con gli avversari”.

E però quello pacifista è un movimento di lotta, e in questo momento è urgente lottare: per denunciare con forza il crimine di Putin per aver fatto ricorso alla guerra, occupando con brutalità l’Ukraina e calpestando ogni norma internazionale. Ma al tempo stesso occorre lottare perché non prevalga una scelta che aggiungerebbe altre sciagure, quando invece bisogna cercare di evitare una generale catastrofe: inviare armi in Ukraina ai coraggiosi ragazzi che vediamo resistere ai carri armati russi nelle strade di Kiev e delle altre città del paese avrebbe come conseguenza solo un bagno di sangue nel quale proprio quei giovani sarebbero le principali vittime . Non è questo il modo di aiutare gli ukraini. Altre sono le cose, e tante, che in questo momento dobbiamo e possiamo fare per rendere meno drammatica la loro condizione: aiuti per l’immediata sopravvivenza, accoglienza piena di tutti quelli che cercano di mettersi al riparo nei nostri paesi. Aiutare tutti coloro che in Russia manifestano per la pace sfidando la repressione brutale. Oltre che esercitare attraverso le sanzioni economiche di indebolire il potere di Putin e così aprire la strada a una sua caduta e a creare le condizioni per un compromesso.

Per trovare un compromesso bisogna anche non mancare di capire cosa ha contribuito ad arrivare a quanto oggi accade. Se Putin è diventato popolare nel suo paese ed ha acquisito tanto potere è perché ha potuto usare il senso di umiliazione subito quando alla caduta della cortina di ferro l’occidente non ha rispettato l’accordo assunto con Gorbaciov di sciogliere la Nato dopo che l’allora leader del Cremlino aveva per parte sua ritirato le truppe sovietiche da tutti i territori che avevano fatto parte del Patto di Varsavia. È allora che bisognava – cessata la guerra fredda – disegnare insieme una nuova Europa finalmente in grado di dar vita ad una cooperazione che abbracciasse il nostro continente dall’Atlantico agli Urali. E invece ha proceduto passo passo a rimilitarizzare i paesi dell’est entrati nell’Unione Europea con l’estensione della Nato, isolando la nuova Russia.

Il ruolo del movimento della pace consiste nel cercare alternative che sostituiscano rapporti fondati sulla minaccia militare. Ma per essere credibile deve non risultare subalterno all’arroganza dell’Occidente, che, quando parla di difesa dei ”nostri valori” si scorda di quanto con la partecipazione anche del nostro paese è stato fatto in Irak, in Siria, in Afghanistan, in relazione all’annessione da parte di Israele dei territori palestinesi, di come il nostro alleato Nato – la Turchia – ogni giorno fa contro il popolo kurdo. Come potremmo spiegare ai popoli del Medio Oriente la nostra piena solidarietà con il popolo Ukraino dopo aver taciuto o attivamente partecipato al massacro di quelli che stanno a sud del Mediterraneo?

Negli anni ’80 il movimento pacifista europeo diventò una grande forza, molto importante. Oggi abbiamo bisogno di ricostruire un movimento pacifista ancora più forte, perché purtroppo le nostra battaglie di allora non sono bastate. Ma non possiamo disertare,  né subire in silenzio la retorica dei signori della guerra. Putin per primo, certo. Ma alla  lista va aggiunto qualche altro nome.