Siamo oltre la catastrofe, non sospendere gli aiuti a Gaza.

Nel secondo giorno della missione della delegazione italiana gli incontri con OCHA, UNRWA e Mezzaluna Rossa.

ROMA, 04 MARZO 2024  – “Siete la delegazione più numerosa mai arrivata a Rafah” ha detto Amani Salah, responsabile per gli affari umanitari e coordinatrice degli aiuti per Gazadi OCHA (Office for the Coordination of HumanitarianAffairs), agenzia dell’Onu che insieme a UNRWA (United Nations Relief and Works Agency) e la Mezzaluna Rossa hanno incontrato questa mattina i parlamentari, i giornalisti e le ong della Carovana solidale organizzata da AOI, insieme ad Arci e Assopace  Palestina, giunta ieri al Cairo e in partenza oggi per Al Arish e il valico di Rafah.

Incontri istituzionali di estrema importanza per inquadrare la situazione che attende sia la Carovana al valico, che la comunità internazionale al rientro. “Non abbiamo più aggettivi per descrivere quello che sta accadendo dentro Gaza – ha detto Richard Brennan, direttore per l’emergenza regionale della World Health Organization –non sappiamo più come definirlo, siamo al di là della catastrofe”.

Brennan ha infatti condiviso alcune statistiche drammatiche sullo stato del sistema sanitario a Gaza. “Considerate che in questo momento 400/600 persone condividono un bagno, nello standard internazionale dovrebbe essere un numero non superiore a 20. Si tratta di una chiara violazione della dignità umana. Inoltre, dall’inizio delle operazioni militari il 65% delle  vittime sono minori, esattamente il contrario di quello che accade in tutti gli altri conflitti dove i minori rimangono una percentuale molto bassa. Abbiamo stimato – continua Brennan – che se il conflitto continuerà con questa progressione e escalation saranno 85mila i morti sia per  bombardamenti che per le malattie, con un cessate il fuoco immediato arriveremo comunque a circa 6000 vittime in più”.

La maggiore difficoltà è rappresentata in questo momento dalla possibilità di accedere al cibo, l’alta malnutrizione e le dilaganti epidemie. Il sistema sanitario dentro la Striscia è al collasso: “abbiamo contato più di 370 attacchi alle  infrastrutture, agli ospedali e ai presidi sanitari, mancano le forniture e manca la sicurezza per la consegna e per chi lavora. Inoltre molto spesso i carichi umanitari  vengono assaltati, all’inizio erano solo persone disperate adesso ci sono vere e proprie bande criminali. Un fenomeno frequente durante le guerre, purtroppo”.  Brennan ha poi chiosato che il fatto di essersi soffermato sulla situazione a Gaza non sminuisce in nessun modo la sofferenza degli ostaggi e della popolazione israeliana.   “Quello che però è necessario ora – ha concluso – è garantire l’ingresso degli aiuti, fare un piano di ricostruzione e garantire fondi agli operatori umanitari dentro Gaza. Fondamentale in tutto questo il lavoro di UNRWA”.

Ed è Sahar Al-Jobury, responsabileper UNRWA in Egitto che racconta del lavoro dell’agenzia, da 75 anni dentro la Striscia: “Dopo gli orribili fatti del 7 ottobre,  nonostante gli attacchi, nonostante Gaza sia distrutta, il nostro personale, seppure stremato, continua a mostrare resilienza e impegno. Parliamo di 23mila persone, professionisti, che lavorano con noi. Segnaliamo però che non riusciamo in nessun modo a raggiungere il Nord della Striscia. Solo 12 le missioni dall’inizio del conflitto. In questo contesto – aggiunge – il lancio degli aiuti dal cielo è una pratica inadeguata e costosa”.

L’UNRWA ospita attualmente 1 milione di sfollati e dà loro cibo e servizi essenziali, oltre al supporto psicologico per 11mila persone e attività ricreative per bambini. Oltre a questo facilita e coordina il lavoro delle altre agenzie, rimane la  spina dorsale degli aiuti. “Togliere i finanziamenti a UNRWA è un’operazione molto miope e – chiude – è necessario che con il cessate il fuoco siano immediatamente  aperti più valichi da dove far entrare i beni commerciali e il carburante. Oggi entrano 100 camion di media, contro i 500 che entravano prima della guerra e i 200 di gennaio. La fame e la carestia stanno attanagliando Gaza, e 1 persona su 5 è malnutrita”.

La vera preoccupazione è però il futuro di Gaza: “E’ molto difficile per la  popolazione immaginarsi un domani – dice AdnanAbu Hasna, Media Advidors UNRWA Gaza – specialmente tra i giovani, tra i quali si registrava già un tasso disoccupazione del 90% prima del conflitto e un alto tasso di suicidi. Il 90% della popolazione non ha a che fare con i partiti politici ma è il target di questa guerra. Se uno vede la propria casa distrutta, la propria famiglia sterminata, non ha nessun posto sicuro dove andare, nessun sogno per il futuro che cosa gli rimane? Un giorno questo potrebbe essere riempito da gruppi di estremisti come l’Isis. Soprattutto se venisse a mancare una struttura come l’UNRWA”.

Eppure la popolazione di Gaza, a dispetto del conflitto, dell’assedio e della disoccupazione è una popolazione ad alto tasso di istruzione superiore e universitaria, dice Amani Salah di OCHA  illustrando altri dati: “AGaza oggi ci sono 17mila bambini e bambine non accompagnati o separati dalle famiglie. Circa 8000 aspettano di uscire”. OCHA insieme alla Mezzaluna Rossa gestisce un hub logistico e tutte le complesse procedure per l’ingresso delle merci. Abbiamo 7 hub – dice Lofty Ghaith, responsabile per la Mezzaluna Rossa delle operazioni ad Al Arish – nella zona del canale di Suez, a Ismailya e da lì supportiamo i nostri colleghi dentro Gaza.  Abbiamo cominciato le operazioni già dall’8 ottobre, ma non pensavamo che saremmo arrivati a 5 mesi di conflitto”.