Non mangiano pesce, perché temono che il pesce si sia nutrito dei resti dei loro cari. È la protesta delle donne del Mediterraneo che hanno figli e mariti dispersi in mare, partiti da casa e mai arrivati a destinazione.

Marocco, Algeria, Tunisia, Libia: il Maghreb fa rete e poco importa da dove sia partita l’iniziativa. Sperano di ritrovare vivi quanti sono spariti, inghiottiti dai flutti o dalle frontiere. O chissà, forse arrivati da qualche parte e nascosti dietro a un nome inventato. Nessuno dà loro notizie. La voce non basta, così puntano a colpire una delle economie del mare: la pesca. «Se l’avessi potuto seppellire, avrei accettato il destino di Dio». «Non smetteremo di cercarli, non si possono abbandonare i propri figli». Missing at the borders, Alarm Phone, Watch the Med: il Mediterraneo è sotto osservazione, come l’Argentina ai tempi dei desaparecidos.

Secondo OIM 45.505 tra migranti e rifugiati sono arrivati in Europa, via mare, nel 2019, fino al 13 agosto. Di questi, 4.664 hanno raggiunto le coste italiane. I decessi registrati lungo le tre rotte principali, nei primi sette mesi dell’anno sono 859. Ma i conti alle donne del Maghreb non tornano.