Un appello da Modena: garantiamo l’iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo

Che cosa significa togliere dall’anagrafe i richiedenti asilo? In una parola: renderli invisibili. Facciamo qualche esempio: niente più cure mediche, niente più scuola per i minori, niente più possibilità di lavoro, niente più percorsi di accoglienza e integrazione. In pochi secondi si cancellano i diritti fondamentali, aumentando il rischio di marginalità e producendo, per un incredibile paradosso, illegalità invece di sicurezza.

Da questa analisi nasce l’appello partito da Modena e firmato da Arci, Cgil, Anpi, Coodinamento per la Democrazia Costituzionale e TAM TAM di Pace con il quale si invitano i sindaci ad un’azione di disobbedienza civile nel rispetto delle leggi: continuare ad iscrivere i richiedenti asilo nelle anagrafi nonostante il permesso di soggiorno rilasciato non sia più ritenuto, in base alla legge 132/2018, un titolo valido. A trovare la soluzione legale sono stati i giuristi del CDC di Modena, che hanno individuato – sulla base della giurisprudenza costituzionale e del D. Lgs. 286/1998 – un’interpretazione delle norme dell’ordinamento che consentirebbe, se applicata da parte dei sindaci, di procedere all’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo ‘aggirando’ così il Decreto Sicurezza.

Oltre ai diritti negati ai richiedenti asilo – quindi intere famiglie che si ritroverebbero senza assistenza sanitaria, bambini e ragazzi lasciati a casa da scuola e fuori da contesti associativi fondamentali per l’integrazione, adulti senza più possibilità di lavorare – la mancata iscrizione all’anagrafe impedisce ai Comuni di sapere chi è presente sul proprio territorio, facendo scomparire le persone dal sistema di ‘controllo’ e quindi intaccando la capacità di gestire le necessità del territorio, tra le quali la sicurezza e la sua percezione da parte dei cittadini.

Che cosa faranno i richiedenti asilo una volta ‘usciti’ dal sistema di servizi e opportunità?

Diventeranno irregolari, andandosi ad aggiungere così al numero di quelli che lo sono già per altri motivi, con limitatissime possibilità reali di rimpatri. In questo modo, aumentando il senso di insicurezza, l’illegalità e la marginalità, non si fa altro che creare quell’emergenza di cui si parla tanto ma che, numeri e dati alla mano, oggi non c’è. Questo è solo un piccolo pezzo delle conseguenze dell’applicazione del cosiddetto Decreto Sicurezza, ora definitivamente convertito in legge (L. 132/2018), che si sta traducendo in morti in mare, divieto di sbarco a persone tratte in salvo dalle navi delle ONG, trasferimenti coatti e senza ragione di donne, uomini e bambini i cui percorsi di integrazione sono spezzati. Quella lanciata da Arci, Anpi, Cgil, Coordinamento per la Democrazia Costituzionale e TAM TAM di Pace è un’iniziativa concreta che vuole contrastare una deriva umana e democratica con l’invito ai sindaci ad accogliere questa interpretazione e disporre, in presenza delle condizioni evidenziate nel documento, l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, garantendo così i loro diritti fondamentali, senza alcuna disapplicazione della legge.