‘Whatever it takes’, Draghi non dimentichi l’associazionismo

II Presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi in questi giorni ha più volte affermato che uno dei principali obiettivi del nostro paese è il rafforzamento della coesione sociale di prossimità, da raggiungere anche attraverso un ascolto attento delle parti sociali.

È un obiettivo che si raggiunge come effetto collaterale di altre politiche, ma come centrale e trasversale, da perseguire con ogni sforzo, costi quel che costi, ‘whatever it takes’, per citare la frase che più di tutte ha rappresentato la determinazione di Draghi.

Oggi serve lo stesso impegno, la stessa determinazione per curare il paese dalla pandemia e dalla povertà materiale, relazionale e culturale, per sottrarlo all’acuirsi delle diseguaglianze aumentate e alla crisi sanitaria, economica e sociale che stiamo attraversando.

L’Arci negli ultimi mesi ha lanciato più volte l’allarme, per ricordare che l’associazionismo in Italia genera un reticolato di relazioni di prossimità, spesso poco valorizzato, fondamentale per la vita delle persone, soprattutto quelle a maggior rischio di esclusione sociale.

Anche il Governo Draghi non dovrebbe dimenticarlo.

Proprio queste strutture di base, i circoli, stanno attraversando una crisi senza precedenti: sedi chiuse, attività in gran parte ferme, entrate bloccate stanno ponendo l’associazionismo in grande difficoltà, con il rischio che molte strutture chiudano definitivamente, impoverendo le comunità locali di migliaia occasioni di cultura, socialità e aggregazione rivolte ai cittadini, lasciando senza lavoro centinaia di persone.

Se si vuole rafforzare la coesione sociale, ancora più necessaria in questa fase, ‘aiutare chi aiuta’ dovrebbe essere una priorità, così come lo sono il lavoro, la scuola, la salute. Iniziando dal portare a compimento la riforma del Terzo Settore. Semplificando e sburocratizzando alcuni controversi punti che potrebbero indebolire proprio le strutture circolistiche, che si basano su un’organizzazione volontaristica e sul proprio autofinanziamento. Confermando la fiscalità di vantaggio per l’associazionismo, con un riordino positivo delle norme, tutelando la natura non commerciale dei circoli di promozione sociale, anche attraverso un confronto con l’Ue.

Rispetto all’utilizzo delle risorse del Recovery Plan ci ritroviamo nelle proposte presentate dal Forum del Terzo Settore: una sperimentazione dell’attivazione della Rete di protezione sociale, la revisione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni e la creazione del budget di salute.

Oltre a questo, per la storia e l’esperienza che abbiamo, crediamo sia necessario ridisegnare un nuovo modello di sviluppo inclusivo e avviare un piano d’azione straordinario contro la povertà culturale, per garantire percorsi reali di accesso universale alla cultura e combattere con un approccio multidimensionale la povertà.

Occorre partire dal rafforzamento dell’alleanza tra scuola e territorio attraverso i Patti di comunità, per contrastare la povertà educativa, e potenziare gli interventi a sostegno dell’istruzione e della fruizione culturale per le fasce sociali a basso reddito.

Le risorse europee, in questa crisi, ci offrono l’opportunità di progettare un futuro sostenibile e inclusivo. Sarebbe uno sbaglio non riuscire a coglierla e un danno incalcolabile privare il Paese di indispensabili basi di prossimità, solidarietà e mutualismo.