3 anni senza Giulio, 3 anni senza la verità sulla sua morte

Fiumicello – Flumisel come viene chiamato dai suoi poco meno di 5mila residenti – è un piccolo Comune della parte sud-orientale della Provincia di Udine, i cui abitanti avrebbero volentieri proseguito la loro vita comunitaria in quell’anonimato tipico dei piccoli centri di territori già di per sé situati nella periferia del Paese.

Invece, il 25 gennaio del 2016, esattamente 3 anni fa, questo piccolo borgo di agricoltori è stato proiettato fuori dal consueto cono d’ombra perché uno dei suoi figli d’adozione più preparati e intraprendenti, che già da giovanissimo viveva all’estero per motivi di studio, era stato rapito in Egitto proprio nel giorno del quinto anniversario delle proteste di Piazza Tahrir.

Venne ritrovato, martoriato a morte, poco più di una settimana dopo, presso una delle sedi dei servizi segreti egiziani. È la storia di Giulio Regeni, 28 anni per sempre.

Le pagine della cronaca di questi ultimi 3 anni sono ormai dense di tentativi e richieste indirizzate al governo del generale al-Sisi, ai corpi della polizia, alla magistratura egiziana, per conoscere cosa è successo davvero al Cairo in quei giorni, per ottenere quella giustizia che spesso aiuta familiari e conoscenti in un’elaborazione del lutto più dignitosa e civile. Le risposte balbettanti, omertose e depistanti che sono state centellinate dalle autorità egiziane non hanno comunque soddisfatto la magistratura italiana che, dopo lunghe e difficili indagini, ha iscritto sul registro degli indagati cinque agenti egiziani; non altrettanto impegno si può dire sia stato profuso dalla diplomazia del nostro Paese che, al di là delle dichiarazioni di rito e forse preoccupata di un coinvolgimento di nostre importanti aziende operanti entro i confini dell’Egitto nel caso di una crisi che si sarebbe presto estesa ai rapporti commerciali, non ha intrapreso alcuna efficace forma di protesta.

Il nome di Giulio Regeni si è così aggiunto a una lunga lista di donne e uomini egiziani scomparsi o torturati fino alla morte, a un lungo elenco di difensori dei diritti umani perseguitati e uccisi in tanti Paesi della terra. Continuiamo a vivere in un mondo nel quale alcuni Stati sono dei veri e propri ‘buchi neri’: parimenti a queste anomalie cosmiche non lasciano fuoriuscire nessun raggio di luce, impedendo la trasparenza dei propri atti interni e fagocitando interi sistemi di diritti consolidati.

Alle 19.41 di venerdì a Fiumicello una piazza verrà illuminata dalla luce di centinaia di fiaccole e accadrà qualcosa che avrà una valenza universale, così come già è accaduto di recente nell’estremo opposto dello Stivale, a Riace.

Se vogliamo davvero che gli episodi specifici assumano un carattere di universalità non possiamo fermarci alla sola denuncia o celebrazione del ricordo: dovremmo pretendere, così come già accade nel campo dell’economia, che ogni Paese sia costantemente monitorato da agenzie internazionali che ne sanciscano un rating nella scala dei diritti e nel rispetto delle persone e dell’ambiente. L’attribuzione di un giudizio così predisposto dovrebbe quindi costituire la base della credibilità per quel dato Paese nei confronti della comunità internazionale. È una campagna mondiale che ci sentiamo di proporre perchè quel che è accaduto a Giulio non accada più a nessuno.