Corridoi umanitari e diritti: continua il nostro impegno per le donne afghane

Oggi abbiamo accolto la prima donna afghana arrivata in Italia attraverso i  Corridoi Umanitari previsti dalla quota Arci dell’addendum al protocollo firmato lo scorso aprile. Un passo importante che conferma il nostro impegno continuo: non abbiamo mai smesso di occuparci dell’Afghanistan.
L’ultimo rapporto di UN Women, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’emancipazione femminile, denuncia una situazione drammatica: nonostante la tenace resistenza delle donne afghane, i loro diritti vengono sistematicamente cancellati. L’Afghanistan è oggi il secondo Paese al mondo con il più ampio divario di genere, con una disparità del 76% tra donne e uomini in termini di salute, istruzione, inclusione finanziaria e partecipazione ai processi decisionali.
Le violenze, gli abusi e le violazioni dei diritti fondamentali non si fermano. Il 1° maggio 2025, la Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA) ha pubblicato un nuovo rapporto che denuncia come i talebani stiano portando avanti decreti per cancellare le donne dalla vita pubblica e limitarne gravemente la libertà di movimento.
Nel silenzio della comunità internazionale, continua il criminale lavoro del talebani di esclusione delle donne dalla vita sociale, lavorativa, formativa ma anche dall’accesso ai servizi di base. Sono stati chiusi i saloni di bellezza, è stato vietato l’accesso ai negozi e alle cure mediche se non accompagnate da un uomo. Negata ogni libertà. Negata la vita, se non accompagnata da un uomo.
Noi definiamo questa situazione Apartheid di genere, come già fanno molte attiviste, associazioni e campagne internazionali. Come Arci abbiamo aderito alla campagna lanciata da CisdaSTOP Fondamentalismi – STOP Apartheid di Genere”, per denunciare il regime talebano come caso emblematico di discriminazione istituzionalizzata e chiedere che l’apartheid di genere venga riconosciuto come crimine contro l’umanità a livello internazionale.
E, grazie ai corridoi umanitari e alla rete Arci dei Circoli Rifugio – sostenuta dai fondi 8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, continuiamo a costruire percorsi di accoglienza per donne afghane vittime di discriminazione per il loro impegno sociale e civico. È una responsabilità che sentiamo forte, ed è solo l’inizio.