Fossimo in un paese normale, alla sua morte sarebbe stato celebrato come prestigioso uomo di cultura e illustre intellettuale. Invece, la cosiddetta grande stampa l’ha completamente ignorato.
Sociologo, docente universitario, promotore del corso di laurea per Operatori di pace, gestione e mediazione dei conflitti dell’Università di Firenze, ha introdotto in Italia la Peace Research; ricercatore sociale e programmatore socio-sanitario è stato anche un esperto dell’Onu, del Consiglio d’Europa e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Alberto L’Abate è nato a Brindisi il 6 agosto 1931 e si è spento a Firenze il 19 ottobre 2017.
È stato uno dei ‘padri nobili’ della nonviolenza italiana. Amico e collaboratore di Aldo Capitini, con Pietro Pinna ha contribuito ai primi passi del Movimento Nonviolento, ha poi partecipato alle prime iniziative di Danilo Dolci in Sicilia. Era appassionato soprattutto di ricerca/azione. La sua caratteristica, portata avanti per tutta la vita, fino all’ultimo giorno, lasciando tanti progetti e impegni già assunti nella sua agenda, era proprio quella di ricercatore e attivista. Studiare e agire.
Dagli anni ‘60 in poi sono innumerevoli le lotte di cui è stato protagonista: dalla campagna antinucleare a Montalto di Castro (fu anche denunciato e processato per l’occupazione dei binari) all’impegno disarmista con Carlo Cassola; dall’ambasciata di pace a Pristina, in Kosovo, agli scudi umani a Baghdad, in Iraq; dalla Verde Vigna di Comiso, contro l’installazione dei missili nucleari, fino al Parco della pace a Vicenza, per contrastare la base militare Dal Molin.
Attivissimo nel Movimento Nonviolento e nel MIR (ha partecipato anche alle due ultime assemblee nazionali di Roma e di Palermo) è stato fondatore dei Berretti Bianchi e fino all’ultimo presidente onorario di Ipri – Rete Corpi Civili di pace. Si è particolarmente impegnato nell’attività di addestramento alla nonviolenza e nelle attività della diplomazia non ufficiale per prevenire i conflitti. Tra i suoi studi più recenti quelli su Gramsci e la nonviolenza, e su anarchia e nonviolenza (temi sui quali aveva già programmato corsi di approfondimento per la prossima estate a Ghilarza, in Sardegna).
Ha scritto innumerevoli saggi, libri, articoli sui temi della pace e della nonviolenza.
Tra le sue opere principali segnalo almeno Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto e mutamento sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo, La Meridiana, Molfetta 1997; Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999; Giovani e pace, Pangea, Torino 2001; Per un futuro senza guerre, Liguori, Napoli 2008; Metodi di analisi nelle scienze sociali e ricerca per la pace: una introduzione, Multimage e Trascend University Press, Firenze 2013; L’arte della pace, Centro Gandhi Edizioni, Pisa 2014.
Il suo manuale teorico-pratico sull’azione diretta nonviolenta è stato uno dei materiali fondamentali su cui si sono formate generazioni di obiettori di coscienza, militanti pacifisti, giovani del servizio civile: un testo base per chi andava a manifestare a Comiso e per la partecipazione consapevole alle Marce Perugia-Assisi, quando erano palestra di politica nonviolenta.
Il rigore scientifico e la generosità nella militanza, sempre mescolati con una trasparente dimensione umana, di fratellanza e apertura, lo facevano ben volere ovunque andasse a mettere in atto i suoi progetti costruttivi: negli Stati Uniti come in Sicilia, in India come Sardegna. A Firenze, la sua città di adozione, era il punto di riferimento per le attività della fucina della nonviolenza.
Oltre che un grande studioso, formatore, ricercatore ed organizzatore, Alberto L’Abate è stato anche anima infaticabile di tante iniziative di solidarietà concreta, con una visione di apertura e spiritualità che ne facevano davvero un uomo buono.
Con la moglie Annaluisa, compagna di una vita, lascia una grande famiglia unita, figli e nipoti.