Con le risorse stanziate la maggior parte dei poveri sarà esclusa dal REI

La cosiddetta ‘manovra finanziaria’, la principale legge di spesa dello Stato per il 2018, assume in questi giorni una forma più definita dopo le molte discussioni di fine estate.

Il provvedimento del Governo viene consegnato alle commissioni delle camere con un valore totale di circa 20 miliardi. Nel testo è presente un denso capitolo sulla coesione sociale e sul contrasto alla povertà che il presidente del consiglio ha sottolineato a più riprese come un aspetto prioritario dell’intervento. Per il finanziamento del REI, il reddito di inclusione sociale che prende l’atteso avvio il primo gennaio 2018, la proposta del governo è di stanziare 600 milioni per il 2018 a cui seguiranno altri 900 milioni nel 2019 e 1,2 miliardi nel 2020 per un totale di 2,7 miliardi in tre anni. Si tratta di un segnale positivo e di un passo in vanti rispetto al SIA, il sostegno all’inclusione attiva attualmente vigente, ma siamo ancora molto lontani dai 5,1 miliardi a regime nel 2020 che l’Alleanza contro la Povertà, di cui Arci fa parte, individua come soglia minima per assicurare una copertura tale da poter estendere il REI a tutti gli indigenti.

Solo con uno sforzo economico in più, e con una piano finanziario che assicuri la partecipazione congiunta di Stato, regioni e istituzioni sociali, l’Italia si potrà dotare di una misura contro la povertà assoluta che possa dirsi universale e che superi l’attuale sistema di soglie e categorie che penalizza decisamente l’accesso dei più.

Con queste risorse infatti sarà possibile assicurare l’accesso al REI a meno della metà della popolazione in stato di povertà assoluta e dunque la maggioranza dei poveri ne rimarranno esclusi. E soprattutto, pur avendo il REI il merito di basarsi su criteri premianti per le famiglie con molti figli, con gli attuali stanziamenti solo la metà dei minori in povertà assoluta saranno coperti. In queste condizioni non viene dunque superato il limite maggiore delle politiche che hanno perseguito i governi di questa legislatura che si avvia alla conclusione e cioè produrre misure di contrasto alla povertà che finiscono per dividere in due categorie i poveri assoluti: da una parte quelli che potranno beneficiare del Rei e dall’altra quelli che non potranno. Arci assieme all’Alleanza sottolinea allora che solo uno specifico ‘Piano triennale nazionale contro la povertà’ redatto col concorso del Terzo Settore e che veda concorrere realmente all’applicazione delle politiche gli enti locali e le istituzioni sociali più prossime alla cittadinanza, sarà possibile intraprendere la strada che porterà l’Italia ai livelli dei paesi europei più virtuosi. E in questa prospettiva non si può prescindere dall’innalzare da subito dal 15% al 20% la percentuale riservata alla capacità di azione di tutti gli attori del welfare locale. Su questi principi richiameremo l’attenzione dei parlamentari maggiormente sensibili all’azione sociale dell’Arci.