Il naufragio di Cutro: un anno dopo

Ad un anno dal naufragio a Steccato di Cutro, pubblichiamo un documento che intende riassumere come i vari attori coinvolti – i superstiti, i familiari dei deceduti, la società civile – hanno lottato per ottenere giustizia e verità per le vittime.

È bene ricordare che il governo presieduto da Giorgia Meloni si riunì il 9 marzo a Cutro per intervenire con un Decreto Legge che venne approvato in quella sede, a pochi metri dalla strage del 26 febbraio, e non andò a rendere omaggio alle bare delle vittime, né tantomeno a esprimere solidarietà ai familiari e ai superstiti. Una scelta vergognosa, in coerenza con la volontà di sottrarre umanità a chi arriva in Italia in fuga da guerre e persecuzioni, da violenze e conflitti, per rendere accettabili scelte che altrimenti sarebbero assurde, oltre che ingiuste e fatte contro l’interesse dello Stato. La disumanizzazione di queste persone, è bene ricordarlo in gran parte afghane, rende ancora più inaccettabile ogni discorso pubblico sull’immigrazione e ogni intervento legislativo.

Questo documento racconta i fatti di base, quello che sappiamo per certo, e li contestualizza nelle politiche italiane e europee della gestione dei confini, politiche che critichiamo da anni per essere la causa principale della morte dei migranti. Fornisce una sintesi dell’esposto presentato dall’Arci insieme ad altri numerosi rappresentanti della società civile, e l’indagine in corso nei confronti delle istituzioni che hanno l’obbligo giuridico di soccorrere le persone in mare. Procede poi nel riassumere la criminalizzazione di cinque dei superstiti, i cosiddetti ‘scafisti’, che fin ad oggi sono detenuti nelle carceri italiane. Uno di loro ci resterà per i prossimi 20 anni in quanto già condannato alla reclusione e al risarcimento delle parti civili. Approfondisce inoltre le parti civili che si sono costituite, fra cui la regione Calabria e il governo italiano, cosa del tutto fuori luogo a nostro avviso.

Porta poi all’attenzione del lettore sia la situazione che le rivendicazioni pratiche e politiche delle persone che sono sopravvissute quella notte, così come dei familiari delle persone che non ce l’hanno fatta. Riassume per ultimo, ma non in ordine di importanza, gli effetti del decreto-legge 50/2023, il cosiddetto ‘Decreto Cutro’. Oltre ad inasprire le pene per le persone di origine straniera che arrivano via mare criminalizzate in quanto ‘scafisti’, la legge che porta in maniera del tutto inopportuna il nome del luogo di questa strage non ha fatto null’altro che punire la popolazione straniera in Italia, impedendo a migliaia di persone presenti nel territorio nazionale di regolarizzare la loro posizione giuridica, aumentando la durata della detenzione amministrativa – inflitta a persone che non hanno commesso alcun reato, in sfregio dell’art.13 della nostra Costituzione. Una violazione dei diritti umani per la quale l’Italia sarà sicuramente condannata sia giuridicamente che eticamente.