Giorno 1

3 marzo

«Ieri è stata una lunga giornata, iniziata alle 2 del mattino. Lunga ma decisamente intensa per le cose che abbiamo ascoltato dalle organizzazioni palestinesi e dalle Ong operanti a Gaza. La richiesta unanime è una sola: battetevi per il cessate il fuoco. Senza il cessate il fuoco non si può discutere d’altro e soprattutto non si può fare altro. Parole che ho sentito fortemente nostre e coerenti con il nostro grido di dolore di qualche settimana fa che di fatto ha lanciato la manifestazione del prossimo 9 marzo.
“Noi dipendiamo da quello che voi farete” è la frase che più rappresenta la giornata di ieri; una frase che mi ha toccato e mi ha scosso perché mentre eravamo lì con loro nel frattempo a Gaza si continuava a morire. Di bombe, di fame, di epidemie. E non ho potuto non pensare al prossimo 9 marzo e alla necessità che la manifestazione sia la più ampia e partecipata possibile. Essere dalla parte della pace giusta è dunque il nostro obiettivo con la manifestazione di sabato prossimo che qui, oggi, a Il Cairo, con le tante e tanti palestinesi e con le Ong che da anni lavorano a Gaza è stato salutato con grandi speranze e aspettative. Finalmente anche l’Italia farà la sua parte. Domani iniziamo l’avvicinamento a Rafah.»
Walter Massa, presidente nazionale Arci

Giorno 2

4 marzo

«Siamo arrivati da poco ad Al Arish dopo un viaggio di oltre 8 ore e diversi checkpoint attraversati. Siamo a 47 km dal valico di Rafah, che raggiungeremo domani mattina. Alle 11 dovremmo incontrare un alto dirigente di UNRWA che uscirà da Rafah per incontrarci appositamente per poi rientrare. Sarà un incontro molto importante, come potete immaginare, e io sto pensando già adesso al fatto che mentre noi ritorneremo verso Il Cairo, lui rientrerà in quell’inferno. È davvero una situazione incredibile, anche sul piano emotivo. Questi incontri ci stanno dando la misura concreta dei bisogni e della volontà dei palestinesi: vivere e sopravvivere a questo sterminio.
Stamattina abbiamo incontrato diverse agenzie delle Nazioni Unite: WHO, OCHA e appunto UNRWA. Il quadro è chiaro e drammatico: se il conflitto continuerà con questa progressione e escalation di azioni militari sul terreno e bombardamenti, le vittime secondo i funzionari del WHO (OMS) supereranno il numero di 85mila. In questo momento nel sud della Striscia vi è un bagno per 500/600 persone quando gli standard, anche in situazioni di catastrofe umanitaria, è di 1 per 20 persone.
Nel lungo viaggio attraverso un Sinai militarizzato ormai da tanti anni a causa dell’Isis (qui ad Al Arish una bomba esplose in una moschea provocando oltre 300 vittime) la fila dei Tir in attesa è impressionante. Solo 100 al giorno di media riescono ad entrare a fronte dei 500 pre 7/10 che già non bastavano. Prima del 7/10 infatti a Gaza la percentuale di persone in povertà si aggirava intorno all’80% e la disoccupazione al 50% (fonte OCHA – UNRWA).
“Siamo ben oltre la catastrofe” è la frase pesantissima che il responsabile del WHO ci ha detto oggi concludendo il suo intervento. Ed è vero e più ci avviciniamo al valico più questa consapevolezza si radica.»
Le parole di Walter Massa, presidente nazionale Arci, parte della Carovana solidale organizzata da AOI, insieme ad Arci e Assopace Palestina.

Giorno 3

5 marzo

Gaza, un quadro apocalittico. La delegazione italiana arrivata al valico di Rafah
La delegazione organizzata da AOI, in collaborazione con Arci e Assopace Palestina, composta da 50 persone tra parlamentari, associazioni, ONG, accademici e giornalisti è giunta questa mattina al valico di Rafah.
I camion di aiuti umanitari, realizzati grazie alle donazioni di cittadine e cittadini, gruppi, comunità e al contributo importante della Fondazione Con Il Sud, hanno attraversato il valico. Lungo la strada ci sono però migliaia di altri convogli bloccati.
Sappiamo che questi aiuti sono una goccia nel mare di sofferenze che si vivono al di là di questa frontiera.
Dal valico di Rafah la delegazione italiana torna a lanciare ancora una volta un appello accorato per chiedere il cessate il fuoco permanente.
La popolazione è allo stremo. Gli aiuti da soli non bastano. Ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità per questa catastrofe umanitaria.
Nei giorni che hanno preceduto l’arrivo della delegazione alla frontiera, al Cairo ci sono stati gli incontri con le organizzazioni palestinesi per la difesa dei diritti umani, come Al Mezzan e Palestinian Centre for Human Rights, organizzazioni umanitarie internazionali come MSF ed Oxfam, agenzie delle Nazioni Unite come OMS, UNRWA e OCHA e, infine, la Mezzaluna rossa egiziana: tutte hanno descritto “un quadro apocalittico”.
Nella Striscia si sta consumando una catastrofe umanitaria senza precedenti.
Per questi motivi dal valico di Rafah la delegazione torna a ribadire direttamente dalla frontiera più esposta del conflitto la necessità di un immediato cessate il fuoco, di tutelare l’incolumità della popolazione civile, garantendo la fornitura di aiuti umanitari all’interno della Striscia, e di sostenere ogni iniziativa per la liberazione degli ostaggi israeliani.

Giorno 4

6 marzo

Sono sull’aereo di ritorno insieme a quasi tutta la delegazione della carovana. I sentimenti sono contrastanti; stanchezza fisica mista ad una fatica emotiva. Gioia per tornare a casa e senso di frustrazione per essere venuto via. Pure la rabbia di ieri non si è sopita. Non è la prima volta che mi capita ma stavolta la sento di più.
La giornata di oggi è passata veloce; prima la visita all’ospedale italiano gestito dalle suore comboniane, 29 persone uscite dalla striscia in cura per problemi sanitari. Poi diversi incontri, quello tra la Lega Araba e i parlamentari, infine la Mezzaluna Rossa palestinese.
La situazione è drammatica – e questo ormai lo sappiamo – ma non è secondario metterlo in evidenza. Il valore aggiunto della Carovana per Gaza è stato portare nel nostro paese ciò che succede nella realtà, ribaltando una narrazione mediatica insufficiente quando non travisata. Dobbiamo andare avanti in questo lavoro e fare in modo che la Carovana arrivi in molti luoghi del nostro Paese per raccontare il livello di disumanità, sadismo e indifferenza caduto su questo pianeta. Questa non è una guerra tra eserciti che si contrappongono. È quello che ci hanno raccontato e abbiamo visto laggiù: il massacro di un popolo nel silenzio più totale. La storia non sarà tenera con noi.
In molti mi state scrivendo che cosa si può fare; sono diverse le cose che possiamo mettere in campo ma oggi la più importante, quella che tutti insistentemente ci hanno chiesto è battersi per il cessate il fuoco, permettere agli aiuti umanitari di entrare, curare chi ha bisogno di essere curato e liberare la striscia. E che venga riconosciuto lo Stato di Palestina. C’è bisogno di alzare la voce, la testa e ritrovare quel coraggio capace di contaminare e non di escludere.
Le parole di Walter Massa, presidente nazionale Arci