La voce dell’Europa sull’invasione turca del Rojava arriva troppo flebile dopo giorni di conflitti, numerose vittime e migliaia sfollati.

Ancora una volta il vecchio continente non riesce a darsi una voce unica, autorevole e realmente efficace, nemmeno in una situazione così grave e preoccupante in una vasta area già duramente colpita. Sono i Ministri degli Esteri europei (unico risultato dell’incontro di lunedì in Lussemburgo) che mettono nero su bianco la parola ‘condanna’ rivolta alla Turchia e si impegnano a prendere «posizioni nazionali forti rispetto alla politica di export di armi» verso Ankara.

Ancora una volta sono gli Stati a prendere posizione, mostrando tutta la debolezza delle istituzioni europee. Il presidente Erdogan, ignorando persino le sanzioni USA, afferma che non dichiarerà mai il cessate il fuoco e punta dritto ai suoi obiettivi: uno politico e l’altro militare. Quello politico riguarda il governo della Turchia dove la sua popolarità era in netto ribasso, come si è visto alle ultime elezioni, quando l’opposizione ha ottenuto un notevole successo. Fare leva sullo spirito nazionalista potrebbe consentirgli di recuperare larga parte dell’opinione pubblica. Il secondo obiettivo, quello militare, è quello più pericoloso. L’accordo tra i curdi di Siria e il regime di Damasco, quindi con un coinvolgimento forte della Russia, inserisce molte incognite e rischi per gli stessi curdi, prefigura scenari inquietanti per quell’area del mondo.
Erano anni che i militari di Damasco non mettevano piede in quella regione autonoma, un’area dove si era costruita un’esperienza unica di convivenza democratica e civile diversa che ora rischia di essere distrutta.

Il popolo curdo non merita questo tradimento, merita l’attenzione dell’Occidente e delle istituzioni internazionali. Non solo parole, come a oggi l’Europa sembra essersi limitata a fare, ma azioni concrete. Noi continuiamo a farlo, attraverso il sostegno alla rete UIKI nella campagna di crowfunding Dalla parte dei curdi e in un incontro con le reti e le associazioni per la mobilitazione della società civile, sia sul versante nazionale che su quello europeo.