
Il Manifesto dei festival
Il Manifesto dei Festival è frutto della collaborazione di oltre 60 festival, attraverso un percorso partecipato fatto di tavoli online e due assemblee svoltesi a Salemi (TP) e a Modena, progettati e coordinati dalla Commissione Cultura e Giovani di Arci nazionale.
In Italia, il festival si è affermato come il formato culturale post pandemico. Negli ultimi anni, per ragioni economiche, artistiche, stagionali o di marketing, l’offerta culturale si è strutturata in eventi concentrati nel tempo. Festival dalle identità diverse ma ben riconoscibili, che spaziano dalla musica all’enogastronomia, attraversando ogni disciplina artistica o interesse.
Del resto, a pochi anni dalla crisi pandemica, ricordiamo sin troppo bene quanto possa essere dolorosa la privazione della socialità. E proprio per questo riconosciamo quanto sia meraviglioso che milioni di persone possano ritrovarsi per fruire di contenuti artistici, qualunque sia la forma in cui si esprimono.
Su questo panorama così ricco e, a tratti, problematico, vogliamo esprimere un punto di vista preciso. Lo facciamo come reti, organizzatorɜ, promoter, comunità locali, operatorɜ e anche fruitorɜ, a partire dalle esperienze che si riconoscono nella rete Arci.
Il Manifesto dei Festival è stato redatto e sottoscritto al termine di un percorso partecipativo che ha coinvolto decine di realtà italiane impegnate nell’organizzazione di festival. Realtà unite da una missione trasformativa e non estrattiva, popolare e non elitaria, politica – nel senso culturale più alto del termine – e non commerciale. Una visione che persegue la sostenibilità e la cura, senza mettere al centro il profitto.
Se con il termine eventification si descrive il fenomeno per cui tutto può essere messo in vetrina e venduto – dal suono ai corpi, dal patrimonio naturale a quello culturale – per attrarre turismo o sbancare al botteghino, allora noi preferiamo parlare di diritto alla festa.
Il diritto di fare festa. Di essere la festa che vorremmo per il mondo intero, almeno qualche giorno all’anno.
Ma a cosa pensiamo quando parliamo di festa?
Per noi la festa è un momento di celebrazione collettiva, sospensione dell’ordinario, invenzione e reinvenzione della notte e del giorno come tempi e luoghi in cui stare insieme, nel contesto di un rito laico.
È uno spazio aperto all’imprevisto e all’inatteso.
Una festa inclusiva e accessibile per tuttɜ i corpi e le soggettività, che non può che appartenere alla collettività, senza mai imporsi al territorio.
Feste come luoghi e spazi in cui costruire comunità temporanee e nuove visioni. Occasioni per ridefinire i nostri immaginari e rigenerare il paese, ripensando in senso ecologico sia le prassi produttive che i contenuti.
I festival, dunque, come ecosistemi di relazione, perché ridurre l’impatto ambientale delle nostre feste è una priorità assoluta. Lo dimostrano le prime sperimentazioni ispirate alla transizione ecologica, avviate grazie al progetto EcoRoutes, finanziato nell’ambito del programma TOCC0003527, Decreto n. 61 dell’11/04/2023 (PNRR / Ministero della Cultura / Invitalia).
Feste libere e popolari, capaci di attraversare le crisi e le trasformazioni del presente. Feste che stiano dalla parte di chi è sfruttato, che propongano culture indipendenti, decoloniali, transfemministe, queer, antiabiliste.
Perché tuttɜ hanno diritto alla festa.
E perché il diritto alla festa è il diritto a immaginare, almeno per qualche giorno all’anno, un mondo diverso. Più libero, più giusto, più nostro.