La cultura come risposta alla violenza

Ponticelli è un quartiere di Napoli molto complicato, che ha visto cambiare il suo aspetto a partire dalla fine degli anni ‘80 a causa di una selvaggia opera di costruzione di alloggi e lotti residenziali. Ciò ha determinato un radicale stravolgimento della popolazione che è aumentata fino a superare le 70.000 unità, con una maggioranza di giovani rispetto al resto della città. Tuttavia questo esodo non è stato affiancato da alcuna idea di integrazione sociale, né tanto meno da progetti di sviluppo. Col tempo, quindi, sono emersi forti problemi di natura sociale, culturale ed economica, con un tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, a livelli altissimi, un’area di emarginazione crescente, una perdita progressiva della memoria e delle radici, che hanno lasciato il passo ad una preoccupante escalation della criminalità, frutto, evidentemente, della povertà e dell’emarginazione sociale che  caratterizza alcune zone del quartiere.

In questo contesto Arci Movie, da quasi 30 anni, ha investito culturalmente per offrire occasioni di crescita, di educazione e di formazione ai giovani, coniugandole con l’importanza di creare spazi fisici di inclusione sociale e di incontro. In uno di questi, una ex masseria del Comune, dal 2000, con il Progetto Catrin di educativa territoriale, si è sperimentata una delle attività più significative, quella dei laboratori culturali e didattici per i minori del quartiere. Quel luogo è diventato un riferimento imprescindibile per la gente che vive lì, diverse generazioni di ragazzi sono cresciute nel centro ed hanno avuto la possibilità di seguire percorsi culturali, grazie alla volenterosa opera di operatori qualificati. Nel centro, i minori e le loro famiglie hanno trovato la loro casa, prendendosi cura degli spazi insieme all’associazione e rendendolo di fatto un luogo frequentato e costruito in base ai loro desideri.

L’8 maggio il centro, dopo lavori di riqualificazione realizzati con un contributo ministeriale, era stato intitolato, con una cerimonia pubblica, a Giorgio Mancini, uno storica figura culturale di Ponticelli. Una grande festa di quartiere con tutti i bambini, i ragazzi e le loro famiglie, che ancora di più sanciva l’importanza della presenza dell’associazione in connessione stretta con gli stessi abitanti.

Purtroppo, però, nella notte tra il 3 e il 4 luglio, siamo tornati a fare i conti con una realtà che a volte si fatica a comprendere e che, improvvisamente, mette a dura prova gli sforzi compiuti.  Ignoti sono entrati nel centro, danneggiando alcuni locali e rubando attrezzature utilizzate nelle attività con gli oltre 50 minori che lo animano. Telecamere, fotocamere, computer, strumenti musicali, un proiettore, perfino un tavolo da ping pong, sono scomparsi, lasciando un vuoto nell’animo degli operatori e dei ragazzi.

L’associazione già altre due volte si era trovata di fronte a situazioni simili, come allora la prima sensazione che ti pervade è un profondo sconforto per l’impotenza di fronte a tutto ciò, a cui si aggiunge una grande rabbia per il gesto subito. Non solo è stato violato un bene comune costruito con i ragazzi e la gente del quartiere, ma si sono privati quei ragazzi di strumenti che gli permettevano di studiare e di esprimersi attraverso la cultura.

Inutile nascondersi, lo scoramento immediato ti spinge a riflettere e a sbattere la testa contro un muro, di fronte a questi episodi le domande sul significato e sul senso di quello che si fa, si affollano nei pensieri e sembrano scavare come un grimaldello nella coscienza, col rischio di minare certezze e convinzioni. Come andare avanti? Come ripartire dopo una violenza gratuita e ingiustificata?

L’unica risposta è nella comunità, nello stare insieme, nell’essere legati tutti, soci, sostenitori, dirigenti, dipendenti, operatori, minori, famiglie e gente del quartiere, da un obiettivo comune semplice e complicato al tempo stesso: rendere i luoghi che viviamo degli spazi di socialità, solidarietà e di condivisione, in cui crescere ed educare, in primo luogo i giovani, al rispetto reciproco grazie alla cultura.

Il giorno del furto abbiamo ricevuto una solidarietà enorme da tante persone e da tanti enti in tutta Italia. La sera stessa siamo ripartiti con le attività nell’Arena di San Giorgio a Cremano, con un pieno di gente venuta per incontrare Marcello Fonte e per testimoniarci una calorosa vicinanza.

Così è stato naturale ritrovarsi come comunità ed immaginare un momento di incontro col quartiere che si terrà in questi giorni, per capire come andare avanti, chiedendo anche alle istituzioni di fare la loro parte in questa fondamentale battaglia culturale. Insomma, è scattata quella scintilla che ci ha dato la forza per voltare subito pagina e per decidere che il modo migliore per rialzarsi, era rimboccarci le maniche e metterci al lavoro con chi quegli spazi li vive e li fa vivere, ovvero i ragazzi e le loro famiglie, nel segno della ‘Passione del cinema per costruire cultura e solidarietà’, il nostro motto ormai  al quale non siamo disposti a rinunciare.