La Polonia democratica di nuovo in piazza

Il Parlamento polacco ha cominciato il dibattito sulla riforma del sistema giudiziario del paese, che entrerà in vigore il prossimo anno.

Il Presidente Duda, dopo le grandi proteste di luglio, era stato costretto a porre il veto sulla riforma proposta dal partito Diritto e Giustizia, e per questo diversi emendamenti sono stati apportati alla proposta iniziale. Ma gli emendamenti lasciano intatto il senso della proposta.

Il 24 novembre i cittadini sono di nuovo scesi in piazza. La società civile democratica ha promosso un appello sottoscritto da 28 autorevoli organizzazioni:

«Noi, rappresentanti della società civile, solleviamo le nostre obiezioni agli emendamenti alle Leggi sul Consiglio Nazionale della Magistratura e sulla Corte Suprema. Protestiamo inoltre per il metodo usato per queste proposte.

Ci unisce la opposizione all’abuso di autorità della attuale maggioranza parlamentare che, nonostante non abbia il diritto di cambiare la Costituzione, sta cercando di farlo usando la legislazione ordinaria.

Vogliamo attrarre la vostra attenzione su tre questioni relative a queste proposte.

In primo luogo, tutte le soluzioni si propongono di terminare il mandato dell’attuale Consiglio Nazionale della Magistratura e di dare ai politici il diritto di nominare giudici del Consiglio. Questa ipotesi è in totale conflitto con la Costituzione. Secondo l’Articolo 187, in connessione con l’Articolo 10 della Costituzione Polacca, i giudici possono essere eletti solo da giudici.

La proposta di ‘spartire’ i posti per i giudici nel Consiglio Nazionale della Magistratura fra i partiti politici è illegale, così come se uno solo dei partiti li occupasse. È una violazione della legge. Vogliamo sottolineare che la massima responsabilità del Consiglio è proteggere l’autonomia delle corti e l’indipendenza dei giudici, il che significa, fra le altre cose, difendere le corti dalle influenze dei politici. Ciò sarà impossibile, se i giudici verranno scelti dai politici.

In secondo luogo, la Camera della Corte Suprema incaricata di confermare la validità delle elezioni sarà nominata proprio dai politici. Il giudizio sui risultati delle elezioni sarà dunque sottoposto agli stessi politici, in una corte politicamente dipendente.

In terzo luogo, dobbiamo sottolineare che i progetti di legge preparati dal Presidente Duda sono stati del tutto imposti alla società. Non sono stati sottoposti a consultazioni pubbliche.

Vogliamo sottolineare che l’introduzione di questi emendamenti significherà che la Polonia cesserà definitivamente di essere uno stato democratico di diritto. Se le Corti generali indipendenti cesseranno di esistere, niente si opporrà in futuro al restringimento dei diritti e dei doveri civili scritti nella Costituzione, in assenza di una sufficiente maggioranza parlamentare.

Per questo chiediamo l’immediata sospensione del lavoro parlamentare. Non rinunceremo alla indipendenza della magistratura, alle libere elezioni e alla legalità democratica!»