Ieri mattina le truppe dell’esercito turco – insieme con le Free Syrian Army (FSA) e le milizie alleate di al-Nusra e al-Qaida – hanno vinto la resistenza delle Unità di Difesa del Popolo (YPG) curdo di Afrin e sono entrate nella parte sud-est della città, con grande soddisfazione di Erdogan che ha annunciato ai media l’esito vittorioso della missione “Ramoscello d’Ulivo”, lanciata il 20 gennaio scorso.
Qualche centinaio di chilometri più a sud, nella Ghouta – periferia di Damasco – il presidente siriano Bashar al-Assad sovraintende personalmente le operazioni militari sul campo per la stretta finale del cappio intorno ai cosiddetti ribelli, che da mesi sono asserragliati senza cibo, acqua ed elettricità.
In entrambi gli scenari si continua comunque a combattere strenuamente per la propria vita e la libertà del proprio popolo, in una partita che non solo è impari per le forze in campo ma non ha neanche un arbitro.
La comunità internazionale, l’Unione Europea, le Nazioni Unite, si sono voltate dall’altra parte, hanno sancito la propria inutilità di fronte al massacro di civili inermi, donne e bambini, così come negli anni ’90 durante il conflitto balcanico.
Una macchia di sangue indelebile per l’Europa dei Popoli; un esito scontato per l’Europa del neoliberismo e delle banche, ben attenta a non disturbare il potente sanguinario che domani potrebbe diventare un buon partner economico.
Se l’Europa vuole superare la vergogna della propria inazione deve farlo subito, con autorevolezza e risolutezza, per evitare tanto di avere sulla coscienza il genocidio che si sta perpetrando quanto il proprio fallimento politico. Nel mentre – infatti – le destre nazionaliste e i movimenti euroscettici ringraziano: alla prossima occasione utile faranno il pieno dei consensi.
#ShameOnYouEurope!
#StopCiviliansMassacre
Roma, 19 marzo 2018