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Cafarnao - Caos e miracoli

É in un’aula di tribunale di Beirut che si apre il lungometraggio di Nadine Labaki, Premio della Giuria al 71° Festival di Cannes, dove Zain, un ragazzino di 12 anni, si presenta davanti a un giudice.

«Perché stai facendo causa ai tuoi genitori?», gli chiede la corte.

«Per avermi fatto nascere», risponde Zain. Nasce così la narrazione frenetica degli eventi di Cafarnao, città della Galilea di biblica memoria, divenuta simbolo del caos dove lo sguardo della Labaki segue il bambino attraverso gli slums della città ed i suoi orrori, le baraccopoli, i bambini che crescono in mezzo alla strada, maltrattati anche dai propri genitori, la sposa-bambina, il carcere minorile, l’immigrazione clandestina, il sogno di raggiungere l’Europa, il traffico di neonati.

In un paio d’ore si affollano davanti ai nostri occhi discriminazione, sfruttamento, povertà e abbandoni contrastati sapientemente da un’estetica marcata che segna una distanza siderale con quanto si vede sullo schermo.

Un film che vive di stridenti contrasti, forte nei contenuti ma troppo spesso mirato a ricercare la commozione in maniera meccanica e ricattatoria, sorretto da una regia controllatissima che si concede soluzioni da grande produzione festivaliera e forse chissà hollywoodiana.