Nel Mediterraneo orientale, crisi e discorsi d’odio spingono le persone rifugiate su rotte migratorie mortali

Bruxelles, 27 settembre 2022 – Nelle ultime settimane, una serie di tragici incidenti nel Mediterraneo orientale ha fatto luce su rotte migratorie meno conosciute. Nel caso più recente, in seguito al naufragio al largo della Siria di un’imbarcazione partita dal Libano e diretta in Italia, sono morte almeno 94 persone.

In un altro caso recente, 250 persone partite dal Libano e dirette in Italia sono rimaste in mare per circa una settimana senza cibo e acqua prima di essere salvate da una ONG. In un altro caso, una bambina di quattro anni di nome Loujin è morta di sete a bordo di un’imbarcazione con 60 persone partita dal Libano per raggiungere l’Italia, lasciata in mare per 10 giorni e soccorsa da un mercantile. Infine, sei persone, tra cui tre bambini e una madre, sono morte mentre cercavano di raggiungere l’Italia dalla Turchia. Il 20 settembre 2022, Alarm Phone ha segnalato circa 53 persone in difficoltà nella zona SAR greca, tra cui 5 bambini, che erano partiti dal Libano ed erano in mare da 4 giorni. Alla fine sono stati respinti in Turchia.

Questi incidenti si verificano quando le persone sono costrette a intraprendere viaggi di migrazione sempre più pericolosi a causa della violenza sistemica, dei respingimenti e dei pericoli incontrati su altre rotte e della mancanza di canali legali per la migrazione. La Grecia è in prima linea in questa violenza di confine, con innumerevoli testimonianze di autorità greche che hanno picchiato, detenuto e abbandonato in mare persone aggrappate a zattere di salvataggio, mentre Cipro ha respinto in più occasioni imbarcazioni provenienti dal Libano. Allo stesso tempo, questi tragici incidenti sono il risultato diretto di politiche illegali e ripetute di non assistenza in mare da parte di Malta, Grecia, Cipro e Italia.

Una politica letale e ripetuta di non assistenza in mare

Esempi di mancata assistenza in mare da parte degli Stati nel Mediterraneo si verificano ogni giorno. Il fatto che nessunə intervenga è una violazione del diritto alla vita e del diritto marittimo, che obbliga qualsiasi Stato, qualsiasi nave, a soccorrere qualsiasi persona in difficoltà, indipendentemente dal suo status giuridico, e a portarla in un porto sicuro. Purtroppo è una realtà già vista in diverse occasioni nel Mediterraneo. Ad esempio, nel 2011, forse il caso più noto di “barca lasciata morire”, un’imbarcazione partita dalla Libia è stata lasciata vagare in mare per 14 giorni e quasi tutte le persone a bordo erano morte.

Per quanto riguarda le navi da carico, esiste una politica di dissuasione e criminalizzazione delle navi mercantili che intervengono per salvare persone in difficoltà in mare, come ad esempio il caso del mercantile danese Maersk-Etienne, rimasto bloccato per più di un mese nell’agosto 2020 con quasi 30 persone soccorse a bordo mentre Malta si rifiutava di farle sbarcare.

Mancanza di protezione, alto rischio di deportazione e deterioramento delle condizioni in Turchia e Libano che portano a rotte sempre più pericolose

Il deterioramento delle condizioni di vita dei rifugiati in Turchia e in Libano sta spingendo le persone a tentare la lunga traversata in mare dalla Turchia e dal Libano verso l’Italia, poiché la pressione a partire non è mai stata così forte.

Entrambi i Paesi stanno affrontando una grave crisi economica, il risentimento nei confronti dellə rifugiatə è in aumento e sta portando a un incremento delle deportazioni in Siria sia dalla Turchia che dal Libano. Quest’ultimo ha annunciato nel luglio 2022 un piano per riportare in Siria 15.000 rifugiatə sirianə al mese, mentre la Turchia propone di deportare 1 milione di sirianə nel nord della Siria e sta ricorrendo a deportazioni quotidiane, anche di sirianə sopravvissutə alle spinte della Grecia verso la Turchia.

La crisi economica e finanziaria del Libano è una delle peggiori di sempre: la moneta del Paese è crollata e i prezzi stanno aumentando vertiginosamente. Il relatore speciale delle Nazioni Unite ha citato nell’ultimo rapporto che oltre l’80% della popolazione è stata spinta alla povertà dal 2019 e 6 persone su 10 lascerebbero il Paese se potessero. La Turchia sta affrontando una crisi economica altrettanto grave e lə rifugiatə sono tra le persone più colpite dal suo impatto. In entrambi i Paesi, diventano bersaglio di attacchi violenti e tensioni con la popolazione locale. Vengono molestatə online e per strada. Proprio negli ultimi mesi, un ragazzo siriano è stato attaccato da un gruppo di uomini in Libano per aver portato del pane, mentre in Turchia l’adolescente siriano Fares Elali è stato accoltellato a morte per una disputa sul lavoro.

Le azioni sono urgenti

In questo contesto, è più che mai urgente garantire percorsi legali e sicuri per la migrazione. EuroMed Rights e le organizzazioni sottoscritte chiedono che:

– Malta interrompa immediatamente la sua politica di non assistenza in mare. L’omissione di operazioni di salvataggio in un’area di responsabilità dello Stato porta a incidenti letali come quelli riportati sopra.

– Cipro e la Grecia rispettino gli obblighi comunitari e internazionali di rispettare il diritto di chiedere asilo e il principio di non respingimento, forniscano assistenza alle imbarcazioni in difficoltà in mare effettuando operazioni di ricerca e salvataggio, garantendo l’accesso al proprio territorio, la procedura di asilo e condizioni di accoglienza adeguate, e interrompano immediatamente tutti i respingimenti e i maltrattamenti nei confronti delle persone in cerca di protezione nei loro territori;

– L’UE e i suoi Stati membri aprano percorsi legali per la migrazione per evitare che le persone rischino la vita in viaggi migratori pericolosi;

– La Turchia rispetti il principio di non respingimento e il diritto internazionale dei diritti umani, interrompendo il ritorno forzato di rifugiatə e richiedenti asilo in Siria e adottando politiche che garantiscano la necessaria protezione dellə rifugiatə sirianə in Turchia;

– il Libano rispetti gli obblighi previsti dai trattati internazionali, compreso l’obbligo di non deportare o rimpatriare forzatamente persone a rischio di tortura. Ciò significa interrompere immediatamente le deportazioni arbitrarie di sirianə dal Libano alla Siria e adottare politiche che garantiscano la necessaria protezione dellə rifugiatə sirianə in Libano;

– L’UNHCR in Libano dovrebbe adempiere alle sue responsabilità nella cura e nella protezione dellə rifugiatə sirianə in Libano.

 

Firmatari:

EuroMed Rights, Alef (Lebanon), ACHR (Lebanon), Amera International, Anti-Racism Movement (Lebanon), ATFD (Tunisia), Arci (Italy), Cairo Institute for Human Rights Studies, Citizens Assembly (Turkey), Lebanese Centre for Human Rights, Kisa (Cyprus), IHD (Turkey), Iridia (Spain), LDH (France), GRC (Greece)