Non tutto (ciò che è vero) è perduto

Agosto è anche il mese delle riflessioni su ciò che ci aspetta quando torneremo dalle vacanze e alla vita normale. Credo valga anche per la memoria e per le date più significative e più tragiche della nostra storia politica e sociale.

Il prossimo 12 dicembre, infatti, saranno passati cinquant’anni dalla strage di Piazza Fontana, mentre tre giorni dopo (nella notte tra il 15 e il 16 dicembre) quella ricorrenza terribile sarà seguita da un’altra, altrettanto lacerante, legata anch’essa alla bomba della Banca dell’Agricoltura di Milano.

La notte in cui il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, innocente e ingiustamente trattenuto oltre i limiti del ‘fermo di polizia’, volò giù dal quarto piano della Questura di Milano.

Era stato messo al centro, assieme al ballerino e anche lui anarchico, Pietro Valpreda, del più grave ed eversivo depistaggio di Stato della nostra storia repubblicana. Mezzo secolo dopo, nonostante tutto, abbiamo qualche parziale verità.

Sulla bomba, sia pure dopo una lunghissima e inquinata vicenda giudiziaria che Benedetta Tobagi ha definito il «processo impossibile»: fu fascista. Sull’omicidio del commissario Luigi Calabresi, ucciso per una folle e barbara ‘vendetta’: conosciamo i nomi dei suoi assassini.

Della notte di Pinelli, invece, si parla ormai sempre meno e, in questo caso, questi cinquant’anni di distanza dovrebbero infine liberare la verità.