Per una riaffermazione del principio di equità nella regolamentazione dei rapporti post-coniugali

Stralci dell’appello

 

divorzio-giustizia-thinkstockphotos-587189912_jpg.jpgTra circa un mese sarà depositata la decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in merito al parametro del «tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio», al quale da quasi trent’anni si è rapportata la giurisprudenza in relazione al diritto all’assegno divorzile, messo in crisi dalla Prima Sezione Civile della Cassazione con la sentenza n. 11504 del 2017.

Con il divorzio ciascuno va per la sua strada, ammonisce la Corte, con le risorse di cui dispone in quanto singolo/singola in base al principio dell’autosufficienza economica, non dovendosi dare alcun valore alla qualità e durata del tempo vissuto insieme, all’entità dell’apporto di ciascuno/a alla vita e al patrimonio comune.

La rappresentazione delle relazioni personali proposta non considera però che in Italia l’esperienza femminile è ancora connotata da un forte squilibrio di potere sia nella dimensione privata delle relazioni familiari, sia nella dimensione pubblica, a partire da quella lavorativa. Questo squilibrio si riflette sulla condizione reddituale delle donne ed è destinato ad accentuarsi con il divorzio laddove il giudice, in relazione alla richiesta di assegno, non riconoscesse anche il valore economico del lavoro riproduttivo che concorre alla ricchezza familiare.

In quanto singole e componenti di associazioni impegnate nella promozione dei diritti fondamentali delle donne e nella prevenzione della violenza contro le donne, compresa la violenza economica, esprimiamo preoccupazione per il rischio di un avallo da parte delle Sezioni Unite del nuovo orientamento giurisprudenziale che, recependo lo stereotipo sessista che descrive le ex mogli come donne avide a scapito degli ex mariti, ignora la realtà dei rapporti sociali e delle dinamiche all’interno delle relazioni familiari nel nostro paese.

Al fine di promuovere l’effettiva indipendenza e autonomia delle donne dentro e fuori alle relazioni familiari, non si può trascurare che il concetto di autosufficienza economica non può essere ‘decontestualizzato’, ma caso per caso deve essere necessariamente ancorato alle perdite di opportunità e rinunce, nella sfera pubblica e lavorativa, che le donne accumulano nel corso del proprio vissuto familiare e relazionale, e ciò proprio in ragione di quei dati oggettivi afferenti il gender gap italico. Riteniamo indispensabile, inoltre, superare la natura assistenziale dell’assegno divorzile, per attribuirvi invece una finalità redistributiva, funzionale al riconoscimento del valore dell’apporto di ciascuno/a alla vita condivisa, e confidiamo in un rafforzamento di parametri di giudizio che siano di presidio dell’uguaglianza sostanziale nelle relazioni familiari e post-coniugali, in attuazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione.

L’appello è stato firmato anche dalla presidente nazionale Arci Francesca Chiavacci.

Per adesioni: accessoallagiustizia.crs.dd@gmail.com