Profondo Rosso

Il box office 2018 segna il peggior risultato degli ultimi 10 anni

Era largamente prevedibile già da mesi, ma il Cinetel lo ha confermato ad inizio gennaio: gli incassi cinematografici dell’anno che si è appena concluso sono i peggiori dell’ultimo decennio. Per la precisione, se si escludono gli 84 milioni di biglietti venduti del 1992, il peggior risultato di sempre.

Se da un ventennio il dato delle presenze si era attestato intorno ai 100 milioni, con minime variazioni, il 2018 è riuscito nel non facile compito di fare peggio del precedente annus horribilis, con un’ulteriore contrazione del 5% degli incassi e un numero di biglietti staccati sceso addirittura ad 85 milioni (- 7%).

Mentre Mereghetti il 5 gennaio titolava in prima pagina sul Corriere sul Declino del cinema in Italia, altrettanto prevedibile è stata la reazione delle associazioni di categoria (ANICA, ANEC, ANEM, FICE, ACEC), da sempre pronte a minimizzare una situazione che diventa anno dopo anno più deprimente, con argomentazioni quanto meno stravaganti. La più curiosa delle quali è, cito verbatim dal comunicato congiunto (e non rispondo della punteggiatura), che «mettendo a paragone i biglietti staccati nei cinema con quelli degli altri settori dello spettacolo e della cultura: teatro, musica, lirica, danza; anche il calcio e tutti gli sport messi assieme; e tutti gli ingressi nei musei, monumenti e siti archeologici: il cinema stravince il confronto con tutti questi settori».

In definitiva, le associazioni che rappresentano l’esercizio e la produzione dicono ad esercenti stremati, che in 2 anni hanno perso uno spettatore su 5, che il cinema è ancora un intrattenimento popolare e ad altri settori va pure peggio. Magra consolazione.

Ho aspettato a stendere queste note perché il comunicato, datato 4 gennaio, tentava persino la carta della disperazione, sostenendo che la ‘tendenza al rovesciamento’ era dimostrata anche dai primi 3 (tre!) giorni di gennaio, «nei quali hanno comprato un biglietto nei cinema 2.122.282 spettatori»: peccato che il dato finale di gennaio 2019 faccia segnare una nuova flessione degli incassi dell’1,4% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Un altro espediente piuttosto grottesco è stato quello di rifugiarsi sui dati negativi fatti segnare da alcuni mercati, omettendo qualsiasi elemento di contesto. Ad esempio si segnala un – 2% della Spagna senza ricordare che i biglietti staccati sono stati comunque 98 milioni, con una popolazione di 14 milioni di abitanti inferiore a quella italiana. O addirittura un – 4% della Francia, fingendo di non sapere che, a parità di popolazione, il box office transalpino supera sistematicamente i 200 milioni di biglietti venduti e che la flessione del 2018 è ricondotta da tutti gli osservatori alla febbre con cui il Paese ha seguito i Mondiali di Calcio, vinti appunto dai Bleus. E senza naturalmente menzionare gli incrementi del Regno Unito o degli Stati Uniti (addirittura + 7%).

Notevole anche il tentativo di ricordare che Cinetel non monitora tutti gli schermi, ma circa il 92% degli stessi e che quindi il dato Siae sarà più alto: è ciò che avviene tutti gli anni, infatti il confronto è correttamente fatto sui dati Cinetel 2017.

Francesco Rutelli, presidente Anica, si è addirittura spinto ad affermare che «il cinema è più vivo e interessante che mai, con giganteschi investimenti internazionali nei contenuti e un alto e sempre nuovo interesse del pubblico».

L’intervento del neopresidente dei distributori, Luigi Lonigro, è ancora più ottimista, «avendo l’industria risolto, negli ultimi mesi del 2018, alcune delle storiche criticità del nostro mercato. Palinsesto estivo, multiprogrammazione e window sono stati i primi tre goal messi a segno grazie al lavoro congiunto di distributori, produttori ed esercenti, e, che unitamente ad altre importanti iniziative, consentiranno al 2019 di essere ricordato come l’anno del cambiamento».

In attesa che si compia la Beata Speranza, si fa strada un dubbio atroce: non sarà che la Legge Franceschini, con le ingenti risorse messe in campo, stia di fatto beneficiando le associazioni industriali del settore al punto da disinteressarsi delle performance in sala dei prodotti? E che il loro scopo non sia quello di lasciare inalterata una Legge Cinema sostanzialmente inerziale, che perpetua lo status quo?

Nel frattempo il Governo ha tentato un blitz di modifica della legge, inserendo un emendamento al DL Semplificazioni che aboliva il Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo e la priorità d’accesso ai contributi per le piccole sale di provincia e per le start-up e i fondi per le ristrutturazioni delle sale cinematografiche. La proposta di modifica presentata dalla Lega non è stata ammessa alla discussione in Aula, essendo gli emendamenti ritenuti estranei all’oggetto del decreto-legge. In ogni caso, l’intenzione del governo è quella di ripresentare questa norma in un altro provvedimento che recupererà tutte le misure estromesse dal DL Semplificazioni. Non c’è motivo di dubitarne, visto che impatterebbe sulla parte più debole e fragile del comparto.