Ricorso al Tar contro l’uso improprio dei fondi della cooperazione allo sviluppo

index.jpegll 14 novembre e successivamente l’11 dicembre 2017, per il tramite delle avvocate Giulia Crescini e Cristina Laura Cecchini, l’ASGI ha impugnato davanti al Tribunale Amministrativo del Lazio  il Decreto 4110/47 e l’intesa tecnica con i quali il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale ha accordato al Ministero dell’Interno un finanziamento di 2 milioni e mezzo di euro per la rimessa in efficienza di 4 motovedette, la fornitura di mezzi di ricambio e la formazione dell’equipaggio a beneficio delle autorità libiche.

Gli atti impugnati appaiono con tutta evidenza illegittimi per eccesso di potere, sotto il profilo dello sviamento di potere. L’art. 1 comma 621 L 232/2016 istitutivo del Fondo Africa stabilisce, infatti, che il fondo stesso è finalizzato a realizzare «interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d’importanza prioritaria per le rotte migratorie». Per contro, il decreto e l’intesa sviano i Fondi da tali finalità fornendo, come espressamente riferito nell’atto stesso, supporto tecnico alle competenti autorità libiche per migliorare la gestione delle frontiere e dell’immigrazione, inclusi la lotta al traffico dei migranti e le attività di ricerca e soccorso.

Il Tribunale Amministrativo è quindi chiamato ad esprimersi su due questioni principali: se per ‘cooperazione e dialogo’ possa intendersi anche il controllo e la gestione delle frontiere e se sia legittimo affidare tale controllo e quindi tale attrezzatura proprio alle autorità libiche che – senza alcuna retorica e come evidenziato da autorevoli osservatori internazionali – commettono gravissime violazione dei diritti umani.

Infatti è la stessa carta costituzionale ad escludere la legittimità dei finanziamenti e del supporto logistico e tecnico alle autorità libiche. La Costituzione italiana all’art. 10 tutela senza restrizioni il diritto di asilo, implicando con ciò la rimozione degli ostacoli che impediscono il suo completo riconoscimento. Al contrario, l’attività del governo italiano pone le basi per la creazione di un pericolosissimo blocco del passaggio dei migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Le autorità libiche così equipaggiate, ancor più che in passato, intercettano le imbarcazioni dei migranti sia nelle acque territoriali che nelle acque internazionali, riportando sulle coste libiche centinaia di persone che sono nuovamente sottoposte a detenzione e a trattamenti inumani e degradanti.

È questo il significato della condanna delle Nazioni Unite rivolta alle politiche italiane e comunitarie: l’Ue e l’Italia, delegando le attività di respingimento e di controllo della frontiera alle autorità libiche, rendono sempre più difficile il passaggio dei migranti, determinando una gravissima esternalizzazione del controllo della frontiera, che espone uomini donne e bambini al rischio concreto di subire torture come effetto diretto del sistema di detenzione presente in Libia. Il ricorso è l’occasione per mettere in discussione le politiche violente e gravemente lesive dei diritti umani che caratterizzano quel tratto di mare, a due passi dalle coste europee, che continuiamo a chiamare Nostrum.