Souleye, senegalese, torturato in carcere in Libia

In Italia ancora minorenne, ora è ospite del progetto Sprar gestito da Arci Foggia

Come mi chiamo? Mi chiamo Souleye

Quanti anni ho? Il 25 novembre compio 20 anni

Da dove vengo? Sono senegalese.

Qual è la mia storia? Ho avuto problemi di famiglia con mio zio. Non ho mai conosciuto mio padre. Mia madre mi ha lasciato, anche a causa del fatto che era cristiana. Ero stato abbandonato dai miei e dopo 15 anni – durante i quali ero stato cresciuto da una famiglia (musulmana) a cui mi ero affezionato – è arrivato mio zio pretendendo di portarmi via. Mio zio ha litigato con questa famiglia ed io, per evitare che venisse fatto loro del male in quanto mi sentivo in colpa, ho deciso di fuggire in Italia. Inoltre mio zio voleva farmi entrare in una setta attiva nel Sud del Senegal (a Keidou) dove era previsto un rito di iniziazione molto cruento che volevo assolutamente evitare. Ero ancora un ragazzino quando sono arrivato in Italia (minorenne).

Sono un testimone o vittima delle violenze/torture in Libia. Ora vi racconto.

In Libia sono stato in carcere a Saba per più di due mesi ed ho subito torture. Ci picchiavano spesso e ci lasciavano senza mangiare. Il primo giorno in Libia ci hanno portato in una grande magazzino. Il giorno dopo ci hanno trasferito in prigione dove siamo rimasti un mese a pane e acqua con circa cento persone. Dopo un mese di torture di vario tipo siamo stati mandati in un altro carcere, peggiore del primo. Quando un giorno è venuta una macchina che portava del cibo in carcere, dalla fame abbiamo sfondato i cancelli e siamo fuggiti via per il deserto. A noi poco importava di essere presi a pistolettate dalle guardie in quanto eravamo sul punto di morire di fame.

Souleye ha ottenuto la protezione umanitaria ed è ospite del progetto Sprar gestito dall’Arci di Foggia