Sulla messa in sicurezza del bacino idrico del Gran Sasso informazione distorta e istituzioni assenti

Dopo sette mesi dall’incidente del 9 maggio scorso non è stato fatto nulla di concreto se non alimentare la dicotomia tra il paese reale e le rappresentazioni della realtà.

Sulla mobilitazione per la messa in sicurezza del bacino idrico del Gran Sasso parte della comunicazione è venuta meno al suo dovere di raccontare e svolgere una funzione di informazione dei fatti, in compenso abbiamo assistito all’assordante mutismo del Presidente della Regione e  constatiamo la sterile e decontestualizzata partigianeria dei ricercatori e degli scienziati dell’I.N.F.N.

In queste rappresentazioni distorte e molto pittoresche un interprete di rilievo che in questi anni ha imparato  l’arte dell’assoluta discrezione ne trae il maggior beneficio. Si tratta dell’Autostrada dei Parchi S.p.a., dalle cui gallerie captiamo la maggiore quantità d’acqua pari a 700L/s, è responsabile dello sversamento di toluene del 9 maggio scorso tramite la riverniciatura della segnaletica stradale, che molto dice della fragilità dal bacino idrico. Un bacino idrico scoperto come incidente di percorso per la realizzazione di un’ opera infrastrutturale così strategica e così drammaticamente impattante sull’ecosistema dell’acquifero. La convocazione della manifestazione dell’11 novembre scorso è la conseguenza degli eventi per i quali di nuovo, come nel comunicato del dicembre 2016 e del maggio 2017, tramite indiscrezioni di una rivista on-line, la popolazione è stata informata di un imminente esperimento che avrebbe previsto l’utilizzo di materiale radioattivo all’interno dei laboratori, vedendo disatteso così il protocollo d’intesa stipulato dalla Regione per migliorare le procedure di comunicazione in caso di lavori e interventi sotto il Gran Sasso, redatto appena un mese prima. Una manifestazione, con una partecipazione di più di 3mila cittadini, convocata tramite una piattaforma politica semplice e chiara, dove il tema non era la svalutazione del progresso trattata ne Il discorso sulle scienze e sulle arti di Rousseau ma la definitiva messa in sicurezza del bacino del Gran Sasso tramite il coinvolgimento delle organizzazioni intermedie e la trasparenza dei processi decisionali che è mancata negli ultimi 16 anni di commissariamento. Una manifestazione dunque ‘per’ e non ‘contro’.

Il recinto tracciato dal dibattito forviante, scaturito dall’esaltazione della caratterizzazione di una componente presente al corteo, non ci riguarda piuttosto rispondiamo all’INFN con i soli strumenti della memoria e della storia che non ci permettono di convincerci delle rassicurazioni scientifiche apportate rispetto all’esperimento Sox, dati i precedenti come l’incidente del 16 agosto 2002 che comportò la dispersione dall’esperimento Borexino di trimetilbenzene (o pseudocumene) per il quale i Laboratori furono sottoposti a sequestro  cui seguì un processo conclusosi, tra l’altro, con l’applicazione concordata della pena con patteggiamento nei confronti degli allora vertici dell’INFN e dei Laboratori. Questo il quadro, nonostante per molto tempo si fosse continuato a garantire la totale sicurezza dei Laboratori e nonostante le associazioni ambientaliste avessero evidenziato il susseguirsi di numerosi incidenti tenuti segreti.

L’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso, in un presente governato dalle post-verità, meriterebbe maggiore rispetto essendo stato l’unico soggetto sociale che ha sperimentato un concreto percorso partecipativo tramite le proprie iniziative pubbliche che hanno visti coinvolti sia gli enti competenti dall’ASL, all’ARTA, all’Acquedotto del  Ruzzo Reti SpA, che le Istituzioni interessate quali la Autostrada dei Parchi SpA, i Laboratori dell’INFN, la Regione Abruzzo, e il Presidente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

La scienza non deve essere democratica, le istituzioni sì.

Info: giannella@arci.it