XVII Congresso nazionale: Ordine del giorno – Solidarietà e sostegno al Confederalismo Democratico Curdo

In Turchia come in Siria, i curdi stanno provando, nonostante le condizioni terribili in cui sono costretti a vivere, a costruire un modello di società partecipato, democratico, solidale, aperto all’autodeterminazione delle donne: l’autonomia democratica teorizzata e adattata al Medio Oriente dal Presidente Abdullah Ocalan, costretto all’isolamento nella prigione di Imrali dove si trova da quasi vent’anni.

La Comunità internazionale, da un lato ha utilizzato, anche strumentalmente, le vite e le forze delle comunità curde per combattere l’avanzata del Daesh nell’area, mentre dall’altro non riesce a pronunciarsi in maniera decisa di fronte all’invasione, ai massacri e alla sostituzione etnica portata avanti dalle forze governative turche e i suoi alleati in Siria. L’Unione Europea è parte in causa in quanto ha stretto con il regime autoritario di Erdogan accordi commerciali e patti di esternalizzazione e controllo delle frontiere.

A seguito della sconfitta di Daesh da parte delle forze popolari curde, ad Afrin e negli altri cantoni della regione del Rojava convivevano pacificamente curdi, arabi, cristiani, yazidi, assiri, siriaci, turcomanni ed altre etnie in un innovativo e moderno sistema di democrazia partecipata, paritaria e di uguaglianza tra i sessi: il Confederalismo Democratico, un modello inclusivo, di convivenza di diversità e di sperimentazione di economia solidale. Questo nuovo sistema e le forze che l’hanno creato non hanno mai minacciato né attaccato i confini turchi. Lo scorso 20 gennaio la Turchia con l’offensiva militare denominata Ramoscello d’Ulivo, ha violato la sovranità territoriale siriana, attaccando senza alcuna motivazione e giustificazione il cantone di Afrin nel Nord Ovest della Siria.

L’aggressione militare della Turchia rappresenta un vero e proprio crimine contro l’umanità ed è stato compiuto nel totale silenzio della Comunità Internazionale mettendo a rischio l’incolumità e la sicurezza di decine di migliaia di civili e di rifugiati.

Questa aggressione militare va ad aggiungersi alle distruzioni delle città curde in Turchia, al massacro di centinaia di civili, alla destituzione e all’arresto di numerosi altri Sindaci ed eletti locali in atto a partire dal 2015, oltre che all’arresto ed alla tortura di centinaia di giornalisti ed esponenti del mondo accademico non allineati al regime di Erdogan. Una delle cose che Daesh ma anche il governo turco hanno distrutto per prime sono state le biblioteche, i siti culturali e storici. Anche in Rojava è in atto un genocidio culturale che deve essere fermato.

Il genocidio culturale è oggi visibile a Afrin. Centinaia di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case e oggi vivono nei campi profughi allestiti a Shehba, in una situazione di emergenza umanitaria.

Per tutto ciò e per l’importanza di tutelare l’esperienza sociale del Confederalismo Democratico, vero baluardo di democrazia e partecipazione comunitaria includente nel difficile contesto mediorientale, riteniamo che l’Arci debba impegnarsi a:

– Esprimere con forza solidarietà ed

il sostegno alla popolazione di Afrin e dell’intero Rojava;

– Intraprendere campagne di informa-

zione e sensibilizzazione sulle lotte del popolo curdo e sull’esperienza del Confederalismo Democratico;

– Costruire percorsi di Solidarietà attiva:

progetti, raccolte fondi popolari finalizzati al sostegno delle case del popolo e delle case delle donne, delle accademie popolari dove si mette in pratica un sistema concreto di educazione popolare;

– Collegare esperienze italiane di ARCI con

esperienze in Rojava per consolidare nel tempo un rapporto e uno scambio che si basi su un patto di internazionalizzazione di lotta ai fascismi.

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