Le conseguenze negative del pericoloso intreccio tra migrazione, sviluppo e sicurezza nell’esternalizzare le frontiere in Africa

Il caso Sudan, Niger e Tunisia

L’ARCI, nell’ambito del progetto di monitoraggio dell’esternalizzazione delle politiche europee e italiane sulle migrazioni Externalisation Policies Watch,  oltre ad essersi dedicata ad un’analisi costante dell’evoluzione degli accordi con i paesi di origine e transito e ad aver compiuto missioni sul campo  (in Niger nel luglio 2018, in Tunisia nel maggio 2018   e in Sudan nel dicembre 2016), ha prodotto questo documento che raccoglie gli esiti del lavoro descritto, per richiamare l’attenzione della società civile e dei governi  sugli effetti negativi di queste strategie  e le loro implicazioni in merito alle violazioni sistematiche dei diritti fondamentali dei migranti  e delle popolazioni dei paesi africani interessati.

Dal  2015 l’esternalizzazione (cioè la collaborazione con i paesi di origine e transito con l’obiettivo di espellere più facilmente i migranti o di bloccarli prima che raggiungano le nostre coste) è diventata il pilastro dell’agenda europea e italiana sull’immigrazione. Oggi si articola, nel continente africano, in uno strumentale legame tra migrazione, sviluppo (“aiutiamoli a casa loro”) e sicurezza. Se a ciò si unisce la chiusura dei porti italiani (e non solo) di sbarco e la campagna di criminalizzazione delle ong costrette a interrompere le missioni di salvataggio, si capiscono sia i motivi della drastica riduzione degli arrivi sia l’inaccettabile aumento dei morti nel mediterraneo centrale e lungo le rotte terrestri.

Nel rapporto che alleghiamo e che può essere scaricato a questo link (in italiano) viene descritta la drammatica situazione in cui si trovano i migranti e l’impatto di queste politiche sulle popolazioni locali in Sudan, Niger e Tunisia.

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